Invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia. Anche perché i calcoli li fa la piattaforma Rousseau, gestita dalla Casaleggio Associati con la trasparenza di una giornata di nebbia nella Milano degli anni di piombo. Via la Lega, dentro il Pd. Il numero magico è 79: il 79 per cento dei 79 mila iscritti che hanno votato via computer si è espresso per il via libera a un governo politico di legislatura con il partito di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, fino a ieri ritenuti il nemico da combattere senza quartiere. Fino a oltre un’ora dopo il termine della consultazione i giornalisti erano tutti accapigliati davanti al portone della sede di Rousseau, piattaforma gestita da una società privata da cui dipendeva la formazione del governo della repubblica, per capire se il Conte-bis avesse ricevuto l’ok. Iniezioni di democrazia digitale diretta nel corpo di quella Costituzione basata sulla democrazia rappresentativa venuta buona quando si è trattato di unire gli opposti in parlamento. Il Pd, inteso come Pd di Renzi, ha privilegiato la tattica alla politica. Il suicidio di Matteo Salvini, che ha buttato via il biglietto della lotteria pensando di andare a riscuotere il jackpot al Superenalotto delle elezioni, ha regalato a Renzi un’opportunità insperata e insperabile: tornare al governo proprio quando sembrava che la sua parabola politica fosse destinata all’oblio. Pur di mandare a casa la Lega, reduce da un trionfo elettorale alle europee, Renzi ha indotto Zingaretti a preferire l’olio di ricino dei 5 stelle al manganello delle elezioni con vittoria leghista incorporata. L’Europa e i mercati festeggiano. Il populismo del M5S spaventa meno del sovranismo leghista. L’Italia incrocia le dita.