Cos’è un libro? Parole accatastate una sopra l’altra? Il racconto di un insieme di immagini? Molto di più. Quello che costruisce un libro sono immagini tridimensionali. Immagini che uniscono la descrizione di ciò che si vede con gli occhi e ciò che non si vede se non con il cuore e la mente. Mai nessuno riuscirà a replicare il potente mezzo della scrittura. I film riescono a riprodurre solo la superficie di un libro, la parte che sta sopra alla carta. Per questo i film hanno bisogno di creare un’atmosfera, avere attori importanti, essere supportati dalla musica. Talvolta riescono ad essere migliori di un libro? Può essere che l’abilità del cast e della regia sia tale da superare la cifra artistica dello scritto. In realtà un film è sempre una semplificazione (quante ore servirebbero per tradurre un intero libro?).
Il libro mantiene, sempre, il suo primato per quella sua capacità indagatrice, che mette insieme l’orizzontalità con la verticalità: una dimensione impossibile da riprodurre con la predominanza delle immagini piatte di un’opera cinematografica. In un testo ogni parola contiene una profondità non riproducibile in una sequenza di un film perché la mente di chi guarda è disturbata dalla velocità e dall’esteriorità. Il processo nel libro, invece, è lento e interiore.
Tutta questa premessa si attaglia perfettamente per “Il cuore non si vede” di Chiara Valerio. Paradossalmente scelto più per la sua immagine di copertina – accattivante e sensuale – e poi letto con il pensiero. Già il titolo prometteva un esercizio riflessivo. La storia di Andrea Dileva, e i suoi amori, porta il lettore nella dimensione del conosciuto-sconosciuto. Una vita come tante altre – il conosciuto – che contiene dentro tante vite – il non conosciuto. Un libro con sentenze fulminanti; in grado di condurre un’anatomia dei sentimenti tra uomo e donna. “Il cuore non si vede” ha un sapore antico e contemporaneo: affonda le radici nella cultura greca; si sorregge nei rami della vita pop delle nostre città. Forse questo è un libro che solo le donne possono fino in fondo “leggere”, noi – uomini – solo “immaginare”.