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ccrea contro Banca d’Italia. Oggetto: i contributi versati al Fondo nazionale di risoluzione, la cassa comune per il risanamento delle banche in crisi. L’Istituto centrale del credito cooperativo ha contestato «le somme effettivamente dovute» e ha chiesto «la restituzione delle somme indebitamente versate» negli ultimi tre esercizi. Si tratta di circa 37 milioni.
Il nocciolo della questione è nelle modalità di calcolo che duplicherebbero l’onere perché non considerano la natura di Iccrea, ovvero banca «di secondo livello», cerniera tecnica e finanziaria tra le Bcc e il sistema creditizio italiano ed estero. Secondo Iccrea la richiesta ricevuta da Bankitalia di pagare i contributi al Fondo di risoluzione ha alla base «l’errata interpretazione e applicazione» della normativa comunitaria e in particolare non si è tenuto conto del fatto che le passività tra l’istituto centrale e le «sue» Bcc avrebbero dovuto essere considerate infragruppo.
Iccrea Banca ha affidato la pratica allo studio legale internazionale Orrick affiancato dall’avvocato Andrea Gemma. Bankitalia si difende con tre avvocati interni confermando tutti i provvedimenti e sottolineando «l’infondatezza del ricorso».
La causa è finita nelle aule dei giudici amministrativi che però hanno trasmesso tutti gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, «per la rilevanza degli interessi coinvolti e per la complessità dei valori in gioco». I giudici comunitari devono dirimere una serie di questioni pregiudiziali. Dopodiché la palla tornerà al Tar di Roma che deciderà se (e quanto) la Banca d’Italia dovrà restituire i soldi con cui Iccrea Banca ha contribuito, come tutte le altre banche proporzionalmente, al Fondo nazionale di risoluzione. Ma l’offensiva legale dell’agguerritissima banca guidata da Giulio Magagni, viaggia su un doppio binario: infatti sono stati chiamati in giudizio direttamente anche la Commissione Ue e il «Comitato di risoluzione unico» che in ambito Ue è l’organo decisionale supremo del meccanismo di risoluzione (applicato subito, da noi, per le banche Etruria, Marche Chieti e Ferrara).
Iccrea vuole che il Tribunale del Lussemburgo annulli la decisione del Comitato in base alla quale Bankitalia ha adottato una serie di provvedimenti nei suoi confronti (i contributi). In aggiunta vuole essere risarcita per «il danno cagionatole dal Comitato … nell’esercizio delle sue funzioni di determinazione dei contributi dovuti».
Per quanto legittimo, è assai raro che una banca italiana chiami in causa la banca centrale nazionale, che, tra l’altro, ha poteri di vigilanza, diretti o delegati dalla Bce. In questo caso l’affondo giudiziario si spinge al piano superiore e arriva fino alla Commissione Ue. Iccrea tuttavia si è chiusa a riccio alla richiesta di informazione sul complesso iter della controversia che, ad oggi, dovrebbe essere ancora ferma alla Corte del Lussemburgo.
C’è un precedente, meno complesso, in materia: State Street Bank pochi mesi fa ha contestato a Bankitalia la contribuzione da 5 milioni, non dovuta – secondo loro – perché la controllata italiana aveva chiuso i battenti. Anche in questo caso le carte sono finite in Lussemburgo dove la vertenza ancora pende.
I versamenti delle oltre 500 banche italiane al Fondo gestito da Bankitalia, che confluisce in quello europeo, sono stati pari a 748 milioni nel 2017 (762 nel 2016) , cioè il 10% delle contribuzioni Ue.
Intanto è in dirittura d’arrivo il Gruppo bancario cooperativo Iccrea per il quale è stata fatta domanda di costituzione a Bankitalia e Bce. Vi aderiranno circa 150 Bcc con 4 milioni di clienti e un attivo di circa 150 miliardi; sarà tra i primi 4 gruppi bancari italiani.