A un certo punto, le urla che escono dall’aula della Camera sono talmente forti che i commessi dai corridoi si precipitano oltre le tende rosse. Il segretario d’aula della Lega, Marzio Liuni, punta il dito contro Roberto Fico avanzando minaccioso verso la presidenza. Lo fermano. Il suo collega Daniele Belotti scende di corsa e spacca una sedia davanti al banco dei dimafonisti. Insulta le deputate pd sedute al tavolo del comitato dei nove. Dai banchi, gridano esagitati l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, poi Rixi, Iezzi, Molteni. Un altro deputato si precipita contro un collega di Forza Italia: «Ci sta riprendendo!». Giorgio Mulè si mette in mezzo per difenderlo, «sta solo telefonando», e ne esce con un polso slogato. Dalle tribune, due scolaresche — che sono state invitate a mantenere il silenzio per non turbare la solennità dell’aula — fissano in basso con occhi increduli. Roberto Fico sospende la seduta. Parte un coro da stadio: «Facce ‘na foto, Sensi facce ‘na foto». I parlamentari di Fratelli d’Italia sono ancora furiosi col dem che ha svelato come in aula, per parlare del decreto terremoto, nei giorni scorsi non ci fosse quasi nessuno.
Finisce così, a Montecitorio, la discussione sul Mes, il fondo salva-Stati europeo. Aperta dal leghista Claudio Borghi, seguito dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Entrambi, avevano alzato i toni contro Giuseppe Conte: «Deve venire in Parlamento immediatamente!». Sostenendo che quanto detto dal ministro dell’Economia Gualtieri davanti alla commissione Finanze del Senato — le sue rassicurazioni su un meccanismo che di fatto non cambia le cose e non mette in pericolo l’Italia — siano una sorta di «alto tradimento », perché parlano di un trattato inemendabile.
A difendere il premier non si alza un 5 stelle, ma un deputato pd: Piero De Luca, che ricorda alla Lega come a fare le trattative in Europa su quel meccanismo sia stato il governo giallo-verde, quindi anche l’ex vicepremier Matteo Salvini. Al nome del leader esplode la rabbia leghista: premeditata. Come aspettasse un detonatore qualunque, per venire fuori. I deputati M5S sono i più confusi: Di Maio ha detto a più riprese che quel meccanismo non va bene. Ha dato una sponda ai parlamentari che da giorni cercano di convincere i gruppi a rimettere tutto in discussione. Bisognava parlarne ieri notte, in assemblea congiunta, ma salta tutto perché l’aula deve andare avanti fino a mezzanotte. «Meglio così», è il commento di un deputato, «non possiamo certo mischiare le nostre lamentele a quelle violente che si sono sentite oggi in aula».
La faccenda è talmente delicata che alla ripresa il presidente della Camera assicura: «Conte sarà in aula a riferire a brevissimo». La capigruppo chiederà che si presenti già domani. La tensione è altissima. La Lega, pronta a nuove scenate. A Di Maio non resta che cercare di abbassare toni che ha contribuito ad alzare: si dice certo «di poter trovare una soluzione condivisa» con Gualtieri e Conte. Sente più volte il premier. Quello che chiede, però, è un rinvio della ratifica del Mes prevista al Consiglio europeo del 13 dicembre. Pretendendo che il presidente del Consiglio dica all’Europa che la sua maggioranza ha delle perplessità su un accordo cui aveva già dato il via libera. Nel frattempo, il titolare dell’Economia lavora a una richiesta di modifica su una parte del pacchetto che accompagna il Mes, quella che riguarda l’unione bancaria. Non bastasse, a Strasburgo il Movimento si spacca sul voto che dà il via libera alla commissione guidata da Ursula von der Leyen: due europarlamentari M5S sono contro, altri due si astengono. Ignazio Corrao scrive: «Siamo un Movimento anti- establishment che si sta comportando come la copia sbiadita dal Pd». Dall’Italia, gli arriva il plauso della senatrice Barbara Lezzi. Nonostante questo, non ci sono scomuniche. Il caos è totale. Di gerarchie riconosciute, non si vede più l’ombra.
La rissa
Alla Camera deputati leghisti e dem vengono quasi alle mani e costringono il presidente Fico a sospendere la seduta dopo che il pd De Luca ricorda a Claudio Borghi che le trattative sul Mes le aveva fatte il governo giallo-verde, Lega compresa. Daniele Belotti (Lega) spacca una sedia mentre corre verso il banco del comitato dei nove. Il suo collega Marzio Liuni viene fermato dai commessi