La legge di bilancio produrrà una «riduzione di diversi decimali» della pressione fiscale, non solo rispetto al tendenziale scritto nel Def di aprile (dato ovvio con lo stop agli aumenti Iva) ma anche rispetto al 2019. Ci sarà però lo spazio per mettere 15 miliardi aggiuntivi in tre anni per gli investimenti: 9 miliardi “nuovi” saranno inseriti nel Green New Deal, articolato in due fondi per Pa centrale e locale, perché «senza i Comuni il Green New Deal non c’è». Gli altri 6 finiranno nel capitolo degli investimenti privati, anch’essi colorati di verde con l’estensione degli incentivi di impresa 4.0 agli interventi per la sostenibilità e la riconversione produttiva. Il tutto accompagnato con il finanziamento del credito d’imposta riservato al Sud: ci saranno 674 milioni.
Nell’audizione serale a Palazzo Madama alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri comincia a delineare in modo più puntuale i contenuti della manovra attesa in consiglio dei ministri la prossima settimana. E rispondendo alla consueta valanga di domande di deputati e senatori propone un menu fatto di novità, conferme e qualche smentita.
Tra le prime c’è appunto l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale rispetto a quest’anno. Il titolare dei conti italiani non indica per ora una cifra, ma spiega che il peso del fisco 2020 sarà appunto inferiore «di diversi decimali» rispetto a quello del 2019. Quest’anno il dato ufficiale parla di 41,9% e, ricorda Gualtieri, senza interventi sarebbe salito al 42,6% nel 2020 per gli aumenti dell’Iva già scritti in legislazione.
Per centrare l’obiettivo bisognerà fare affidamento anche sulla crescita (0,6% l’obiettivo difeso da Gualtieri come «prudente»), anche perché non va dimenticato che i 7 miliardi aggiuntivi messi in conto al recupero dell’evasione, altro target ufficiale del governo, aumentano la pressione fiscale. Ma proprio l’Iva è la chiave di volta del ragionamento. Le ipotesi di rimodulazione delle aliquote restano sul tavolo ma l’operazione, se si farà, «non sarà una fonte di finanziamento della manovra». L’idea è quella di un riordino «a gettito zero» per rimediare a un sistema di aliquote oggi «non sempre distribuite in modo razionale» fra i diversi beni. E la mossa secondo Gualtieri potrà «costituire un volano» anche per gli incentivi per le forme di pagamento digitale, in un incrocio che nei prossimi giorni andrà chiarito sul piano tecnico.
Negli articoli della manovra in arrivo ci sarà anche il rifinanziamento degli incentivi fiscali in scadenza per ristrutturazioni edilizie ed efficienza energetica. Ma non arriverà la cancellazione del bonus 80 euro, ipotesi circolata nei giorni scorsi come forma di finanziamento di altre misure come l’assegno unico per la famiglia. Perché nell’ottica di Gualtieri la possibile revisione del «bonus Renzi» potrà rientrare in un progetto più complessivo di riforma dell’Irpef, che però non è nell’agenda di queste poche settimane strette fra la formazione del governo e la presentazione della manovra. Nello stesso orizzonte più lungo, legato all’«ottica triennale» richiamata da Gualtieri in tutti i suoi interventi, rientrerà anche il ripensamento della Flat Tax al 15% per le partite Iva fino a 65mila euro. La seconda tappa, quella del 20% fino a 100mila euro, invece non partirà neppure, come ormai noto. In cantiere non c’è nemmeno l’ipotesi di trasformare in sostituti d’imposta i datori di lavoro dei collaboratori famigliari, ribattezzata dai giornali «tassa sulle badanti». È una «fake news», taglia corto Gualtieri.
Per far quadrare i conti serviranno tutti i 14 miliardi di “flessibilità” europea previsti dalla Nadef. Per più di 10 miliardi si tratta in realtà della deviazione massima consentita dalle regole prima di attivare le sanzioni. Gli altri saranno contenuti nella replica della richiesta di svincolare dai calcoli strutturali le spese eccezionali per manutenzione di strade e territorio: sconto ancora da negoziare, che Gualtieri conta di ottenere con il «dialogo» opposto alle battaglie dell’autunno scorso.