Dall’eredità della Seconda guerra mondiale nasce la storia del Gruppo Fanti. Sì, perché una guerra cambia le carte in tavola e a volte crea anche delle opportunità, per chi le sa cogliere. Così è successo per Giorgio Fanti nel 1945: nella liberazione di Bologna da parte degli americani le truppe si lasciano alle spalle tonnellate di viveri e con questi altrettante scatole di latta. E in un piccolo garage, il fondatore dell’impresa di Casalecchio di Reno dà vita al proprio progetto, recuperando le scatolette americane per trasformarle in nuovi imballaggi.
Circolare per nascita, il gruppo industriale specializzato in packaging, imballaggi e contenitori metallici usa la banda stagnata (derivato dell’acciaio) materiale riciclabile all’infinito. Nel 2020 raggiungeva un fatturato consolidato di quasi 85 milioni di euro, corrispondente a un giro d’affari di 130 milioni se si considerano anche le numerose partecipazioni, e in crescita del 9% sul pre-pandemia. Crescita che non ha sofferto né il lockdown né i conseguenti shortages di materie prime, visto il risultato raggiunto nel corso del 2021, che segna un fatturato preventivo di circa 106 milioni di euro e una marginalità lorda (ancora non definitiva) vicina al 20%. Con tali risultati e grazie a una marginalità che negli ultimi 7 anni non è mai scesa sotto al 17%, il gruppo si è conquistato un posto fra le 1000 imprese Champions, le Pmi italiane più performanti secondo l’indagine del Centro Studi di ItalyPost, che si riuniranno domani (27/05) a Bergamo.
Se per la maggior parte delle imprese il biennio 20-21 è stato complesso e pieno di difficoltà, questo vale solo parzialmente per il gruppo bolognese. Certamente gli ostacoli ci sono stati, primo di tutti il lockdown nella primavera del 2020, ma la filiera in cui l’azienda si inserisce ha vissuto due anni di prosperità e ha permesso loro di crescere molto. Racconta Nicola De Santis, Chief financial officer del gruppo: “Il 90% della produzione di Fanti è costituito da barattoli. Sono i barattoli di vernice che si comprano per ridipingere gli infissi, quelli che contengono il nuovo colore per le pareti di casa o la colla per il progetto di bricolage a cui si lavora in cantina. Nel periodo del Covid il consumo di barattoli, per diverse ragioni, è aumentato. In parte è stato proprio perché la gente stava molto a casa e ridipingeva ad esempio gli infissi e il cancello nuovo, in parte perché è stato un anno di rinnovamenti, primi in fila i processi di sanificazione degli ambienti”. Insomma, chi vendeva prodotti chimici come vernici e colle è cresciuto, e con loro la filiera.
“Anche clienti che non eravamo abituati a servire si sono rivolti a noi, soprattutto multinazionali delle vernici. Siamo riusciti ad avere la flessibilità produttiva per coprire fette di mercato aggiuntive rispetto al nostro giro d’affari standard” continua De Santis. E la flessibilità con la quale Fanti ha gestito il magazzino per rifornire nuovi clienti nel 2020 è la stessa con cui si è riorganizzato nel 2021 per gestire le difficoltà di approvvigionamento e non ritrovarsi mai in carenza di materie prime, in primis l’acciaio.
Non era però scontato che l’anno passato portasse a buoni risultati, perché dopo un boom di domanda come quello visto durante la pandemia inevitabilmente la corsa rallenta. L’onda lunga dei rinnovamenti nelle case però non si è fermata del tutto, se pur ha inciso in misura decisamente inferiore al periodo precedente, ed è stata affiancata dall’apporto di industria ed edilizia. I barattoli più venduti non sono stati più quelli piccoli per lo scaffale di catene in stile Leroy Merlin ma quelli grandi, adatti a un cantiere, e il Bonus 110% ha dato nuovo ossigeno alla filiera.
Il 2022 pone però sul tavolo una nuova questione: la guerra in Ucraina. E con questa le sanzioni verso l’invasore, che hanno portato moltissime aziende, dalle grandi multinazionali alle Pmi, a cessare le proprie attività nel Paese. Il gruppo Fanti in Russia ha uno stabilimento produttivo, non consolidato ma controllato tramite una holding italo-tedesca. Una società sana che ha chiuso il 2021 con una produzione di circa 10 milioni di euro, prima di trovarsi in mezzo alla bufera, e che per ora rimane in mano al gruppo. Spiega De Santis: “Con la guerra in Russia si introduce il concetto di autarchia. Il Paese sta entrando in un regime autarchico che potrà durare anni, per cui bisogna uscire dalla logica di mercato globale e entrare nella logica di un mercato solamente domestico. Per ora il mercato interno sta reggendo e, anche se approvvigionamenti e vendita possono svolgersi solo localmente, la produzione non si è fermata. Non avremmo voluto rinunciare all’investimento, portare via le macchine e licenziare tutte le persone che vi lavorano”.