Da Marie Curie a Rosalind Franklin, Gabriella Greison racconta sei grandi scienziate che, con il proprio lavoro, hanno cambiato il mondo. Non sono monografie dedicate all’opera scientifica, ma storie di vita vissuta, vicende umane rimaste all’ombra della storia: c’è la chimica polacca che non poteva frequentare l’università, la fisica ebrea che era odiata dai nazisti, la matematica tedesca che nessuno amava, la cristallografa inglese alla quale scipparono le scoperte, la diva hollywoodiana Hedy Lamarr che fu anche ingegnere militare e la teorica serba che fu messa in ombra dal marito.
Greison, c’è una delle sue eroine che le sta particolarmente a cuore?
«Marie Curie per me è la più sintomatica, perché ha vissuto tutte le paure l’angoscia, le insoddisfazioni prima di noi. Lei è nota a tutti come la madre della radioattività ma nessuno ci ha mai raccontato suoi dubbi, le sue fragilità. A me piace raccontare la sua storia e anche le sue debolezze. E conoscere le sue mi ha aiutata a capire anche le mie. La sua storia sembra lontanissima da noi, ma in realtà è molto attuale, e poi rivista in chiave moderna diventa una lettura utile per capire le donne di oggi».
Le donne di oggi come lei, che è una scienziata contemporanea. È una vita difficile?
«Io amo i centri di ricerca scientifica, sono ponti di pace dove tutti convivono benissimo collaborando ad un fine comune: lì non importa a nessuno che tu sia donna o uomo, di quale religione o provenienza. Il percorso delle donne nella scienza ha ormai confini ben tracciati, e io ho coltivato la speranza che anche il mondo fosse cambiato di conseguenza. Invece uscendo mi sono resa conto che fuori non è sempre così, fuori i problemi ci sono. Per questo amo la ricerca».
Scegliere sei protagoniste donne pone inevitabilmente l’accento sulla questione femminile. Il suo libro è rivolto più alle donne o più agli uomini?
«A tutti, assolutamente. Il mio desiderio è raccontare i fisici del ventesimo secolo, che con le loro scoperte hanno costruito il mondo in cui viviamo. Lo faccio con i miei libri e lo faccio nei teatri, dove trasformo i libri in monologhi. Le donne sono una parte dell’esistenza e le vite femminili sono uno specchio, una grande metafora. Ho queste storie perché queste donne hanno avuto delle vite pazzesche: la parola chiave di tutto è cambiamento, lo stesso che stiamo vivendo noi».
*Il Mattino di Padova, 12 maggio 2018