L’ambiente, la crisi ambientale è il grande tema. In Italia, la questione ambientale si è sempre caratterizzata per un’identità decentrata e dispersa. Una questione più di territorio che di grande politica. Per capire può essere utile guardare al seminario annuale della Fondazione Symbola. Un evento arrivato ormai alla diciassettesima edizione con dieci anni di rapporti sulla green economy. Per questo è utile chiedersi a che punto è la riflessione riguardante il concetto gemello di green society. I lavori sono iniziati con parole dolci: «Da soli non si può». Parola che dolce non è, rimandando al tema interrogante, sia per l’ambientalismo che per la società, che è quello dell’identità. Perché l’identità non sta nel soggetto, ma nella relazione.
Quindi dobbiamo chiederci quale dimensione di relazione e quante relazioni l’ambientalismo abbia prodotto nella coscienza del Paese e nella coscienza dei luoghi. Lo si è fatto mettendo a fuoco le due parole chiave: empatia e tecnologia. Empatia è concetto che rimanda a prossimità, territorio, tessiture sociali. Temi da sempre centrali nella riflessione di Symbola. Il concetto di tecnologia rimanda ai processi di simultaneità “dal più locale e più globale”, antica parola d’ordine dell’ambientalismo italiano. La tecnologia appare sempre più un Giano bifronte, origine del problema ambientale e allo stesso tempo sua soluzione. Empatia è concetto che rimanda al problema della socialità in un mondo che appare sempre più disintermediato dall’altro processo, la tecnologia. La quale a sua volta può rimandare alla green economy e alla promessa di produrre sostenibilità e nuovo sviluppo attraverso l’incorporazione del limite ambientale come nuova leva produttiva. Come sostiene l’ex governatore della Reserve Bank of India (nonché illustre accademico) Raghuram Rajan il nostro futuro appare al tempo stesso promettente e pericoloso.
Una dialettica con sullo sfondo la grande questione puntualizzata da Ermete Realacci, ovvero il riconoscimento che non viviamo i tempi di un semplice cambiamento climatico, ma dentro la crisi climatica. Da qui l’interrogarsi sul futuro. Su come una mobilitazione della green society possa costringere l’economia a incorporare il concetto del limite. Insomma, se tra economia e politica si riesca a rimettere in mezzo una società in grado di riequilibrare il rapporto tra l’una e l’altra. Al centro della discussione è stato il grande tema delle differenze sociali e spaziali, a partire dalle due categorie di Albert O. Hirschman dell’exit e della voice. L’exit, l’uscita, l’esodo con il suo rimandare alle migrazioni per questioni climatiche o anche, nel micro, all’esodo dalle terre alte. Nello stesso tempo vi è coscienza che il vero problema dell’oggi è la voice, ovvero l’azione collettiva a partire dal rapporto tra smart land e smart city sino ad arrivare a dar voce ai piccoli comuni e alle comunità-polvere del territorio, dannati della terra compresi, guardando al Mediterraneo.
Nel rapporto sull’Italia (Symbola – Unioncamere) oltre ai problemi del sociale e delle differenze territoriali si è rappresentato quello che io chiamo il medagliere, il mondo delle medie imprese che fa green economy incorporando la metamorfosi. Le medaglie sono tante, ma come ci ha raccontato Nando Pagnoncelli a tanta green economy corrisponde poca green society, appare una società molto “local” come rinserramento e molto poco “local-ambientalista”. Siamo nel bel mezzo di una crisi di senso. I segni di speranza per superare questo iato tra le eccellenze (il medagliere) e il resto della società, non si risolve solo raccontando le tante eccellenze che comunque sono un segno di speranza.
Per capire come viene avanti o si rafforza la green society interrogante, per scongiurare il venire avanti di un destino “pericoloso”, occorre partire dalle oasi sociali e dai sistemi territoriali che ora iniziano a prendere coscienza del mutamento. Vien più facile raccontare le innovazioni economiche o tecnologiche, ma occorre continuare a raccontare le innovazioni sociali. Va bene il racconto del made in Italy della green economy, ma il vero problema è costruire una società di mezzo adeguata ai tempi. Vista la ricchezza dei contributi al seminario di Symbola mi verrebbe da utilizzare una parola, oggi non molto di moda, come meticciamento di nuovi soggetti di voice e rappresentanza adeguata ai tempi. In questo Symbola, i suoi lavori e i suoi momenti di confronto, ci possono aiutare a interrogarci su un futuro promettente.