Non c’è niente di più concreto che vendere profumo. Silvano Corlazzoli, leader delle fragranze made in Italy con la Grc Parfum, in vent’anni ha triplicato il fatturato, fino ai 25 milioni di euro del 2017, e punta al traguardo dei 30 milioni per quest’anno. I «profumi che stanno dietro i profumi» nascono nello stabilimento di Settimo Milanese, grazie alla creatività dei tre nasi che li inventano e di quaranta dipendenti che li realizzano e li vendono in una ventina di Paesi del mondo, guidati nella produzione quotidiana dalla figlia di Corlazzoli, Letizia, laureata in medicina ma ben presto sedotta dagli aromi di famiglia.
«La chiave del nostro successo è la grande passione con cui ci dedichiamo a questo mondo effimero delle fragranze, che poi finiscono in innumerevoli prodotti, dal detersivo all’eau de toilette, dal deodorante per gli armadi alla carta igienica – spiega Corlazzoli –. Per nostra fortuna, ormai si profuma di tutto e di più».
Questo non significa che sia un mondo facile. «I cicli di produzione sono sempre più brevi, anche nel nostro settore le mode cambiano in fretta e una nota può anche durare solo sei mesi per poi essere archiviata», commenta. La sfida è trovare note di successo, combinando in modi sempre nuovi le mille materie prime diverse con cui lavora Grc, per produrre oltre duemila tonnellate di fragranze all’anno, con attenzione alle nuove tendenze verso i profumi naturali e biologici.
«La certificazione bio è un percorso complesso e costoso, oltre che molto limitante per le poche materie prime utilizzabili, ma ci siamo avventurati anche in questo settore, per soddisfare i clienti sempre più interessati al rispetto dell’ambiente», spiega Corlazzoli.
Le prospettive di crescita, per Grc, sono più all’estero che in Italia. Sul medio-lungo periodo, Corlazzoli non esclude la possibilità di una quotazione in Borsa, per finanziare qualche acquisizione. «La grande crisi non ci ha toccato perché lavoriamo da sempre con soldi nostri, ma il mercato è piatto e quindi l’unico modo per crescere è allargarsi all’estero, cosa che stiamo facendo, soprattutto nei mercati emergenti del Far East, nei Paesi arabi e in Russia», ragiona Corlazzoli. «Vogliamo però rimanere un’eccellenza italiana, perché siamo molto legati a questo Paese, malgrado le difficoltà», precisa, escludendo la delocalizzazione. Per ora l’export di Grc si limita al 20% del fatturato, ma in prospettiva la quota dovrebbe salire: l’obiettivo è arrivare almeno al 40%.
*L’Economia, 21 maggio 2018