«Il governo è salvo». Lo dice nell’unico modo possibile, Giuseppe Conte. Con un profondo, prolungato sospiro di sollievo. Sollievo per essersi concesso un futuro a Palazzo Chigi, evitando la spallata della Lega. Sollievo perché profetizza una fase del tutto nuova. «Salvini ha ricevuto uno schiaffone», il senso del suo ragionamento. «E l’esecutivo si rafforza». La vittoria di Bonaccini, insomma, è «la conferma che la via maestra per ottenere la fiducia dei cittadini sono le buone pratiche di governo, non gli slogan e le declamazioni via social». Certo, gli ultimi giorni sono stati durissimi. I sondaggi non si potevano pubblicare, ma segnalavano un sorpasso del centrodestra. Le dimissioni di Luigi Di Maio da capo del Movimento e i rumors su un’imminente offensiva di Matteo Renzi avevano fatto il resto. E invece, Conte vince, sospinto dal Pd. Gioisce per l’alta affluenza. E si prepara a un difficile contrattacco.
Proverà a rispettare le promesse fatte alla vigilia. La prima è incontrare le Sardine. «Lo farò volentieri», dirà. Lo farà volentieri perché deve moltissimo a chi in Emilia Romagna ha mobilitato un centrosinistra depresso. Il secondo a cui il premier deve essere grato è proprio “l’altro Matteo”, anche se ovviamente non lo incontrerà: «Lui è stato sconfitto perché ha strumentalizzato un voto regionale, importante ma che resta tale, pur di pregiudicare il percorso del governo nazionale». E ora si trova a maneggiare le conseguenze esplosive dell’azzardo. L’esecutivo, invece, va avanti. E si prepara alla svolta “a sinistra”: svuotando i decreti sicurezza e, progetta, riformando gli scaglioni dell’Irpef.
Adesso, però, è come detto il tempo del sollievo. La spallata al suo governo sembrava possibile, addirittura probabile. In una notte, tutto appare ribaltato. Scampare il pericolo significherà dover realizzare da domani le buone intenzioni di queste ore. «Nei prossimi giorni – promette Conte – inizierà il confronto di maggioranza per l’agenda di governo fino al 2023». Un’impresa complessa, il premier lo sa bene, visto che l’esecutivo è rimasto letteralmente ibernato per un mese. Rinvii, mediazioni vuote, acrobazie per far slittare i problemi un centimetro oltre il 26 gennaio. Ora servono i fatti.
Il “metodo Conte” sarà quello già utilizzato in passato per tenere assieme Lega e cinquestelle: a tutti chiederà uno sforzo, a tutti concederà qualcosa. Al Pd porterà in dote un colpo di spugna sui decreti sicurezza, simboli del salvinismo. Che vada anche oltre i rilievi del Colle, pare. E poi misure più incisive sul cuneo fiscale e una mediazione al ribasso sulla prescrizione.
Delle intenzioni bellicose di Matteo Renzi, pronto ad attaccarlo in caso di sconfitta, il premier era stato avvertito già giorni fa. La richiesta all’esecutivo di cambiare rotta arriverà comunque, ma sarà assai più debole proprio grazie alla vittoria di Bonaccini. Anche perché la replica sarà questa: «Vuoi aiutare Salvini, ora che l’abbiamo fermato?». Nei rapporti con Italia Viva, però, resta da sbrogliare il nodo più delicato: le concessioni aut ostradali. L’avvocato pensa sia giusto inviare “un segnale”, come chiedono i 5S. Quale, dipenderà dal bilanciamento tra richieste e veti degli alleati.
I cinquestelle, infine. Con loro il discorso è assai diverso. Archiviata la leadership di Di Maio, Conte ha promesso ai suoi ministri, la corrente “contiana”, un patto di consultazione costante. L’obiettivo è quello annunciato da Stefano Patuanelli: spostare il Movimento nel “campo riformista”, con una progressiva osmosi tra Pd e 5S. Come la prenderà il suo ministro degli Esteri è tutto da verificare. Il timore inconfessabile del premier è che possa reagire costruendo nei prossimi mesi una corrente moderata del grillismo. Potenzialmente, l’anticamera di una futura scissione.