Una trovata contabile da tre miliardi che una volta tanto si traduce in una buona notizia sia per i conti pubblici sia per i contribuenti. È quella annunciata ieri sera dal ministero dell’Economia con la proroga al 16 marzo delle rate fiscali previste al 18 novembre. In pratica, una grossa boccata d’ossigeno per quell’ampia parte dei 4 milioni di imprese e professionisti forfettari o soggetti agli «indici di affidabilità fiscale» che ha deciso di rateizzare o versare in ritardo con la maggiorazione dello 0,4% il conto di quest’anno. In questo modo, il governo va anche incontro alle richieste avanzate in più occasioni dal Consiglio nazionale dei commercialisti, dai sindacati dei professionisti e dalle associazioni di categoria che più volte avevano chiesto la «proroga degli Isa». Finora senza successo.
Che cosa è cambiato? La spiegazione si trova nelle pieghe dei conti pubblici e nella complicata ricerca delle coperture per la manovra che per tutta la giornata di ieri ha agitato la maggioranza (si veda l’articolo sotto). Prima puntata: nella Nota di aggiornamento al Def, un po’ a sorpresa, il governo indica un deficit 2019 al 2,2% invece del 2% che tutti si attendevano alla luce dell’assestamento di bilancio. Ma quel numero, spiega il comunicato di ieri sera, era fondato su stime di gettito «estremamente prudenziali». Perché gli ultimi dati di monitoraggio indicano in 10,7 miliardi il gettito versato a fine settembre dai 4 milioni di autonomi che oggi incassano la proroga, che sarà scritta nel decreto fiscale atteso questa sera dal Consiglio dei ministri. In questo modo, le proiezioni su tutto il 2019 portano gli incassi complessivi della Pa 1,46 miliardi sopra le stime appena scritte nella Nadef. Di qui la proroga.
Perché i tre miliardi di incassi attesi dalle due rate di fine ottobre e metà novembre non servono ai saldi di quest’anno, ormai agganciati a un deficit del 2,2% certificato dalla Nadef. Ma sono preziosissimi per i saldi del prossimo anno. Perché mantenere la rotta del disavanzo al 2,2% fra le mille opposizioni che arrivano dai partner di maggioranza sulle ipotesi di copertura non è semplice. Tutta l’architettura pensata fin qui poggiava poi su 7 miliardi di incassi aggiuntivi da lotta all’evasione che hanno acceso i dubbi di tutti gli osservatori indipendenti, da Bankitalia all’Ufficio parlamentare di bilancio. I tre miliardi di incassi “prorogati”, allora, risolvono una grossa parte dei problemi e arriveranno come balsamo sulle tensioni della maggioranza in vista del consiglio dei ministri slittato ieri proprio per le difficoltà di far quadrare i conti. Il decreto fiscale diventa così il vero e proprio pilastro per le coperture. Oltre ai tre miliardi della proroga, le norme all’esame questa sera della riunione del governo porteranno oltre un miliardo con l’aumento delle accise sui carburanti.
Un altro miliardo abbondante sarà assicurato dall’intervento sulle compensazioni fiscali e contributive, con l’obbligo di passare dalla dichiarazione prima di sfruttarle. Allo sforzo corale partecipano poi i giochi, dove viene riscritta la «tassa sulla fortuna» applicata per scaglioni di vincita. I fortunatissimi che riusciranno a vincere più di 10 milioni dovranno girarne un quarto allo Stato, ma anche per gli altri il conto sarà importante: da 50mila a 10 milioni si pagherà il 23%, e poi si scenderà per scaglioni fino al 15% chiesto a chi vince da 500 a 1.000 euro. Il nuovo sistema progressivo sostituisce l’aliquota unica del 12% chiesta finora su Gratta & Vinci, Slot Machine e SuperEnalotto, mentre per l’antico gioco del lotto lo Stato si era accontentato dell’8%.
Sempre dal decreto fiscale i saldi riceveranno la conferma dei 600 milioni attesi dalla Digital Tax. Il nuovo provvedimento attua le norme della legge di bilancio dello scorso anno, e fissa di conseguenza il meccanismo auto-applicativo anticipato dal Sole 24 Ore la scorsa settimana: il pagamento dovrà avvenire entro il 16 marzo di ogni anno, mentre la dichiarazione dovrà essere presentata entro il 30 giugno. Nel decreto trova poi spazio il rifinanziamento del fondo di garanzia per le Pmi e il rinnovo della dote per le fusioni dei Comuni.