Onorare le cambiali non è mai affar semplice. Quelle firmate dal governo gialloverde per finanziare la costosissima manovra dell’anno scorso non sono ancora finite. Fra Reddito di cittadinanza e la cosiddetta Quota cento sulle pensioni, è stato necessario promettere all’Europa aumenti Iva per cinquantuno miliardi di euro. Il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri è riuscito a cancellare i ventitré miliardi che incombevano sul 2020, non ancora tutti quelli previsti nel 2021. Il Documento programmatico di bilancio presentato a Bruxelles dalla nuova maggioranza ne finanzia dieci miliardi su ventotto. Restano dunque da trovarne diciotto: abbastanza per ipotecare anche la prossima legge di bilancio. L’Italia non ha molte alternative. Nonostante il calo degli interessi seguiti alla crisi del vecchio governo, il debito pubblico nel 2020 scenderà di appena mezzo punto al 135,2 per cento. E poiché manca un impegno forte sul fronte delle privatizzazioni, l’unica soluzione è un compromesso sul deficit – l’anno prossimo al 2,2 per cento- che tenti di salvare capre (il consenso) e cavoli (la tenuta dei conti pubblici).
Da ieri tutti i Paesi dell’Unione hanno spedito le proprie bozze per il 2020: solo l’Italia non ha rispettato alla lettera la scadenza della mezzanotte del 15. I tecnici hanno già avviato l’esame delle misure contenute nelle cinquantaquattro pagine. Presto partirà una lettera per chiedere «chiarimenti», dato che la Commissione potrebbe rilevare il rischio di una deviazione dalle regole.
La missiva dovrebbe arrivare a Roma entro una settimana. Non è escluso lo slittamento di qualche giorno, comunque entro la fine del mese. L’Italia non sarà l’unica a riceverla e dal punto di vista comunicativo, per non alimentare le tensioni, il passaggio verrà derubricato come «un normale scambio di informazioni». Tanto che a firmarla non saranno i due commissari incaricati del dossier (Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis), ma il capo della direzione generale Affari Economici, l’italiano Marco Buti, il quale nella prossima Commissione guiderà il gabinetto di Paolo Gentiloni.
In forma tecnica o politica, la Commissione farà comunque partire il richiamo. Perché effettivamente restano ancora alcuni aspetti da chiarire. Il documento di bilancio prevede un aumento del deficit strutturale pari allo 0,14 per cento del Pil, mentre l’Unione chiede di ridurlo dello 0,6. Secondo l’Italia il rischio di deviazione significativa non c’è perché mette in conto uno 0,2 per cento di flessibilità (3,6 miliardi) per il piano contro il dissesto idrogeologico. Flessibilità che formalmente non è stata ancora concessa.
Anche il timing della lettera avrà un significato: se non dovesse arrivare entro una settimana, certamente sarebbe scongiurato il rischio bocciatura. Secondo le regole, la Commissione può respingere una bozza di manovra entro quindici giorni, ma deve mandare già un avvertimento dopo una settimana: lo scorso anno, per la prima volta, lo ha fatto. Se dunque la lettera dovesse arrivare entro una settimana, teoricamente resterebbe possibile la richiesta di riscriverla. Scenario puramente scolastico, visto che quest’anno non succederà. Anche il giudizio in arrivo entro la fine di novembre non dovrebbe riservare brutte sorprese: è ormai ufficiale che l’insediamento formale della Commissione di Ursula von der Leyen – sulla cui linea restano incognite – slitterà. Nella migliore delle ipotesi, accadrà il primo dicembre. Questo vuol dire che l’opinione sulla manovra sarà firmata dal duo Moscovici-Dombrovskis, con la supervisione del presidente Juncker. E i professori che stanno per andare in pensione, si sa, di solito non bocciano.