Si accentua la divergenza sulla tempistica di attuazione del reddito di cittadinanza tra il vicepremier e responsabile di Lavoro-Sviluppo economico, Luigi Di Maio del M5S, e il ministro dell’Economia Giovanni Tria, emersa durante la loro partecipazione ai Consigli dei ministri Ue di giovedì e venerdì scorsi a Lussemburgo. Di Maio insiste per partire subito per affrontare le emergenze povertà e disoccupazione. «Per questo, in accordo con il presidente del Consiglio Conte, ho convocato un tavolo già dalla prossima settimana — ha annunciato —. Questo tema deve avere la priorità assoluta». Il vicepremier del M5S ha detto di capire la posizione più prudente di Tria, che ha aperto a una approvazione nel 2018 purché la spesa sia spostata nel 2019. «Però non possiamo accettare che ci siano bambini in povertà assoluta, cioè che non hanno da mangiare, e non fare nulla — ha aggiunto Di Maio —. Alle famiglie che versano in queste condizioni, ai padri e alle madri che non sanno come portare un piatto in tavola va data una risposta subito».
A Lussemburgo Tria ha espresso apprezzamento per il reddito di cittadinanza in quanto «importante per dare stabilità sociale» e per contrastare la disoccupazione. Ha manifestato la sua disponibilità purché si proceda in due tempi. «Si può già decidere delle misure oggi, ma quando entreranno in vigore saremo nel bilancio 2019», ha specificato auspicando per quest’anno solo interventi «senza costi» e nei vincoli Ue. L’approvazione potrebbe così arrivare nell’ambito della presentazione alla Commissione europea di Bruxelles dell’aggiornamento del Def (a settembre) e della bozza del bilancio 2019 (entro metà ottobre), quando si sviluppano anche le solite trattative per la richiesta di maggiore «flessibilità» anche nel livello politico-decisionale dei ministri dell’Eurogruppo-Ecofin. Di Maio, invece, già a Lussemburgo ha indicato una accelerazione e la possibilità di trovare le coperture per finanziare il reddito di cittadinanza con lo spostamento di aiuti di Stato concessi ad altri settori dai precedenti governi, aggiungendo gli effetti positivi sui consumi e sulla crescita (e di conseguenza sul debito) in genere provocati da questa misura di welfare già in vigore in molti Paesi Ue.
Un riferimento sarebbe la quarantina di miliardi elargiti dagli esecutivi di centrosinistra con esborsi e garanzie per i salvataggi bancari (si stima tra 20 e 26 miliardi) e con sgravi fiscali agli imprenditori per il Jobs act (18-19 miliardi). Tria ha promesso l’impegno dei tecnici dell’Economia nel valutare «una riallocazione delle risorse in uscita» da spostare sugli obiettivi del nuovo governo. Fonti Ue ammettono che la Commissione europea e l’Euroguppo-Ecofin, avendo approvato l’aumento del debito provocato dalla quarantina di miliardi per banche e imprese, non potrebbero negare analoga flessibilità per interventi contro la povertà e la disoccupazione. Una riserva spunterebbe perché quelle uscite erano «una tantum». E anche una copertura simile del reddito di cittadinanza, a Bruxelles, sarebbe considerata temporanea e da integrare poi con voci strutturali, per prorogarlo.