Restare uniti perché « siamo soli contro tutta Europa » . Accettare anche gli ultimi tagli, insomma piegarsi alla Commissione per non essere spazzati via, per non cedere ai «poteri forti» che a sentire loro li vogliono fare fuori. Quando alle 21 si ritrovano nello studio del premier a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini si dicono con molta schiettezza qual è la scelta obbligata. Anche perché la clessidra è finita. Questa mattina la prima manovra gialloverde dovrà essere inviata alla Commissione a Bruxelles, se si vorranno evitare le raccomandazioni in partenza dal 19 e la futura procedura di infrazione. Se si vorrà finalmente approvare la prima manovra gialloverde, domani ( o al più mercoledì con la fiducia) al Senato e infine alla Camera prima di finire in esercizio provvisorio.
Tutte rassicurazioni che il presidente del Consiglio si è premurato di fornire al Capo dello Stato Sergio Mattarella, nel corso del breve scambio che i due hanno avuto a margine del concerto di Natale nell’aula del Senato. Era il primissimo pomeriggio. Poco dopo, quando Salvini era ancora impegnato a Milano per una festa dei suoi amici ultrà del Milan, una lunga telefonata con l’altro vicepremier Di Maio portava i due a siglare una tregua politica. Le basi per l’accordo che sarebbe stato poi ratificato dall’«avvocato del popolo» Conte nel vertice notturno.
La sintesi dell’intesa passa attraverso il reperimento anche degli ultimi 3,5 miliardi imposti da Bruxelles. Non attraverso dismissioni ma ulteriori tagli reperiti ” qua e là”, per dirla col loro linguaggio dal ministero del Tesoro che fa capo a Giovanni Tria. C’è anche lui al vertice a Chigi, con i vice Garavaglia e Castelli, il ministro Fraccaro. Assente Giorgetti, ufficialmente per festeggiare il suo compleanno ( due giorni fa l’ultimo scontro con Di Maio). Viene lasciato invariato il rapporto deficit/Pil al 2,04: una bandiera, ormai, pur di non cedere di un ultimo 0,2 come avrebbero voluto dalla Commissione. Soprattutto, se lo ripetono Salvini e Di Maio, senza intaccare il reddito di cittadinanza e nemmeno la platea dei beneficiari e i tempi di attuazione del pensionamento a quota 100. Entrambe le squadre di governo ricordano all’esterno, soprattutto a beneficio dei rispettivi elettorati, che hanno già ridotto di due miliardi ciascuna delle due misure principali. Anche nelle ultime ore fonti di Palazzo Chigi hanno fornito un resoconto dettagliato alla virgola sul perché i miliardi stanziati per il reddito di cittadinanza siano state ridotte a 7,1 miliardi al posto dei 9 iniziali (ma anche meno rispetto ai 7,5 di cui parlavano nei giorni scorsi). E perché – calcoli alla mano – con quell’importo sarà comunque garantita la platea di circa 5 milioni di poveri: si parte non prima di marzo e viene coperto il 90 per cento degli aventi diritto. Questa è la “narrazione” di Lega e M5S.
Il segretario della Lega, nel colloquio telefonico con il capo del Movimento che lo attende a Roma, si impunta sugli ultimi paletti. L’ecotassa ideata dai grillini dovrà essere cancellata. Quanto meno quella a carico delle utilitarie. I due restano d’accordo sugli incentivi per l’acquisto di auto elettriche o ibride. A sua volta, la Lega deve accettare il taglio alle pensioni d’oro. Ma con un’asticella fissata a quota 4.500 euro mensili: potranno essere intaccate solo quelle superiori.
Su queste basi e sui tagli alle spese messi a punto nelle ultime 48 ore dai tecnici del Tesoro si punta a raggiungere la fatidica «convergenza con l’Europa», per usare un’espressione cara al presidente del Consiglio Conte. La sindrome dell’assedio alla fine ha la meglio. Luigi Di Maio parla di «momento più importante dal voto del 4 marzo: sarà una svolta per attuare il cambiamento». Salvini, che era entrato alle 21 a Palazzo Chigi portandosi cibo giapponese da asporto acquistato in zona, esulta perché « non ci sarà alcuna tassa sulle nuove auto » e ancor più perché « vecchi potenti ci vorrebbero mandare a casa domani mattina, ma rimarranno delusi, andiamo avanti: nelle prossime ore ci sarà la cartina di tornasole, scopriremo se a Bruxelles portano rispetto o se invece prevale il pregiudizio verso un governo dell’imprevisto». A fine vertice, nessun festeggiamento al balcone di Palazzo Chigi per la versione ultima della manovra.