Uno è presidente della Triennale di Milano, l’altro è sindaco di Bergamo, ma Stefano Boeri e Giorgio Gori sono anche, e soprattutto, due architetti. Con un minimo comun denominatore che investe entrambi, per l’essenza stessa della professione, di un ruolo preciso: quello di anticipare il futuro, intuirlo per ipotizzare, progettare fin da ora, risposte e soluzioni. Un ruolo che fiutando l’aria delle città, composta per il 75% di anidride carbonica (autoprodotta dalle città stesse), spinga il genio costruttivo ad andare oltre i canoni edilizi tradizionali, per costruire il «Bosco Verticale». O ad assumere provvedimenti e incentivi per una mobilità più sostenibile. Chiamati ad un ideale «tavolo da disegno» sulle sfide delle città del futuro da Venanzio Postiglione, vicedirettore del Corriere della Sera, nella serata inaugurale del Festival Città Impresa, Boeri e Gori hanno, con l’ad di Ubi Victor Massiah, tracciato linee e incrociato volumi di pensiero costruttivo.
In gioventù non hanno indossato tele cerate gialle smuovendo le folle, ma sanno perfettamente che la sfida lanciata dalle giovani generazioni si intreccia con temi cruciali e non più eludibili. Le politiche sulle città chiamano tutti ad una maggiore responsabilizzazione, a un cambiamento delle nostre abitudini quotidiane, tra innovazione, coesione sociale e clima. «L’innovazione è la chiave della competitività, significa attrarre capitali e idee. Non ci si può fermare perché poi gli altri vanno avanti», ha attaccato Gori sul tema dell’innovazione «che viene stimolata in città di medie dimensioni come Bergamo, dove vige le cultura del fare».
«Le città hanno creato delle reti che hanno plasmato il pianeta», ha osservato Boeri citando i fenomeni di Uber e Airbnb come innovatori di spazi e modi urbani. «Le città che hanno successo sono quelle che attraggono talenti — ha evidenziato Massiah, rifacendosi agli standard innovativi della città di Bilbao.
«Ma l’innovazione non governata a che cosa può portare?», ha chiesto Postiglione. «Innovazione significa anche e non solo tecnologia», ha risposto Gori, mente Boeri ha allargato l’orizzonte: «Ci sono città nel mondo che giocano la Champions e altre che giocano in altre categorie. In Italia basta osservare come sulle linee autostradali si sviluppino città ed economie potenti, mentre ad esempio Genova, perdendo il contatto con le infrastrutture, è fuori dal circuito». In Italia, dice Gori, «l’unica che gioca in Champions è Milano, mentre non siamo stati capaci di attivare un trasferimento culturale».
*Corriere di Bergamo, 8 novembre 2019