Per loro tutte le strade sono possibili. Lo sbarco in Borsa. L’apertura del capitale ai tanti fondi che stanno bussando alla porta dell’azienda. Senza contare la crescita per linee esterne attraverso acquisizioni di altre imprese. Il punto di forza è molto chiaro: i mezzi propri non mancano. «Possiamo contare su un patrimonio netto di 30 milioni di euro. Il gruppo è sano», racconta Rocco Pavese, fondatore e presidente di Genetic, che a Fisciano, in provincia di Salerno, produce medicinali contro l’asma e prodotti per l’oftalmologia. Quali contatti ci sono tra i due settori? «Nessuno, dal punto di vista terapeutico – spiega l’imprenditore – ma entrambi beneficiano di una tecnologia molto innovativa, quella dei flaconcini monodose che ci ha consentito di portare la produzione totale a 600 milioni di pezzi dai 150 milioni di dieci anni fa». In questo modo oggi Genetic, che ha fatturato 37 milioni di euro lo scorso anno (+12% rispetto al 2016) con un Ebitda di 18 milioni e utili netti per 11 milioni ha raggiunto, quanto a produzione di flaconcini monodose, campioni internazionali del calibro di Chiesi Farmaceutica.
La tecnologia usata si chiama blow-fill-seal (o Bfs, che sta per soffiare, riempire, sigillare): consente di realizzare confezioni monodose sterili in plastica, ad elevata praticità. Con grandi risparmi, per esempio, di costi e di magazzino.
Ma un altro punto di forza è la continua attività di ricerca nel settore delle apparecchiature analitiche e di controllo per sviluppare i farmaci. «In un comparto come questo, che ha elevate barriere all’ingresso, noi osserviamo rigorosamente due parametri richiesti: abbiamo una quota di personale con una laurea specialistica che oramai è ben oltre il 25 per cento di tutti i nostri collaboratori, e facciamo investimenti in research & development per il 10 per cento degli utili prodotti ogni anno», afferma Pavese.
A suo parere c’è anche un altro fattore che ha decretato il successo durante gli anni della Grande Crisi. È la scelta di puntare sui mercati esteri. Genetic vende a colossi come Pfizer, Dompé e la stessa Chiesi, ed è presente in 15 Paesi non solo europei. L’export vale il 33% del fatturato, ma l’obiettivo entro il 2022 è approdare a un rapporto sul giro d’affari del 65% all’estero e 35% in Italia. Entro il prossimo anno è previsto il debutto in Russia, ma a Fisciano sono già al lavoro per lo sbarco negli Usa e in Cina, mercati complicati dal punto di vista del rispetto di norme e procedure. Per ora è concentrato qui l’impegno dell’azienda di famiglia, risultata da una ricerca dell’università Luiss di Confindustria, la miglior Pmi della regione Campania.
*L’Economia, 11 giugno 2018