«Vengono tutti a salutarmi e a toccarmi? Sì, è vero. Forse perchè guarisco anche gli infermi…». È bastato solo un anno e tutto è cambiato. Basta questa frase che Matteo Salvini ha pronunciato uscendo dai giardini del Quirinale per sintetizzare la differenza rispetto al primo giugno 2018.
Il governo gialloverde si era appena insediato. Dodici mesi fa establishment, boiardi di Stato e notabilato vario facevano la fila solo per stringere la mano ai vincitori di allora: Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Anzi per conoscere il neopremier tra le piante del Colle si era formato una sorta di “contro- coda” rispetto a quella tradizionale per salutare il capo dello Stato.
Ieri lo specchio più fedele dei nuovi rapporti di forza sono stati i capannelli e i tanti selfie scattati con il leader leghista. Una pratica che stavolta ha varcato il portone del Palazzo grazie al ministro degli Interni. Solo lui, infatti, non rinuncia alle abitudizini da comizio stradale.
Così, mentre il segretario lumbard si beava tra i flash, lo stato maggiore grillino veniva sostanzialmente ignorato. Il capo politico del Movimento è rimasto costantemente protetto da collaboratori, amici e esponenti M5S. E se un anno fa si fermava a parlare con tutti e a tutti prometteva impegno e dedizione, stavolta si è rifugiato nel silenzio o in frasi che denunciavano un atteggiamento difensivo. «Qui si è lasciato andare con un sorriso tutto quello che dirò verrà utilizzato contro di me. E probabilmente anche quello che non dirò». Più o meno la condizione psicologica di Conte. Circondato quasi esclusivamente dai giornalisti. Pronto ad una maratona del silenzio. Disponibile a parlare di «San Marco, l’evangelista » ma non del suo governo.
Il risultato delle europee si manifesta così plasticamente al ricevimento per la festa del 2 giugno. E appare così realistico che, dopo Salvini, quello più omaggiato è Paolo Gentiloni. Il centrosinistra, l’anno scorso, era sostanzialmente ostracizzato. Chiuso in un angolo periferico dei giardini. Adesso manager, attori e vertici di aziende pubbliche passano dall’ex presidente del consiglio dopo aver fatto un salto dal ministro degli Interni. E la lunga fila che normalmente si forma davanti al capo dello Stato, diventa ancora più corposa. Come avviene in tutte le fasi di confusione, la presidenza della Repubblica diventa l’ultima ancora di salvataggio.
Stavolta, però, la festa del 2 giugno al Quirinale si è dunque trasformata nella fotografia in movimento della nuova gerarchia politica. Ma anche in una sorta di bollettino medico sullo stato di salute dell’esecutivo.
Tra Lega e pentastellati più che un grande freddo è calato un vero e proprio gelo artico. Nonostante l’arrivo a Roma dell’estate. Conte, Salvini e Di Maio si ignorano deliberatamente. Il segretario del Carroccio, quando proprio non ne può fare a meno, saluta da lontano con un sorriso sardonico il presidente del consiglio e ironicamente dice: «Ci vogliamo benissimo». Il premier ricambia con un imbarazzato distacco. I due vicepremier sono costretti a darsi la mano e a farsi una foto – con un certo fastidio – solo perchè li obbliga fisicamente il direttore de La7, Enrico Mentana. Sorrisi di circostanza. Come se, ormai, fossero nemici e non alleati. E del resto l’intera dinamica del ricevimento mette in mostra un governo separato prima ancora che dai rapporti politici, da quelli personali. L’entusiasmo vittorioso del 2018 ha lasciato il passo allo scoramento grillino e alla disinvoltura arrogante leghista.
Così Salvini passeggia tenendo al suo fianco la nuova fidanzata Francesca Verdini. Non la molla un attimo. Anche quando lei, dinanzi a qualche avventore di rilievo, cerca di allontanarsi: «No, resta qui con me». Si avvicina Gianni Minoli e il ministro degli Interni gli dice: «Va bene, vediamoci dopo il 9. Dopo i ballottaggi». Lo incrocia l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profuno. Qualche dirigente Rai e molti di aziende controllate dal Tesoro. A uno che gli lascia un bigliettino da visita con il timbro di Cdp, dice con tono paternalista: «Mi scusi, è colpa mia. Ma ci vediamo dopo il 9. Dopo i ballottaggi si decide tutto».
Anche Di Maio è accompagnato dalla sua nuova fidanzata Virginia Saba. La sfida sembra anche su quel versante. Su chi dimostra il feeling più acuto. Il ministro dello Sviluppo economico si ferma a parlare a lungo solo con il direttore generale della Rai Salini e con quello del Tg1, Giuseppe Carboni. Il sottosegretario Spadafora, che per l’M5S cura le relazioni con la tv pubblica, non ha più dinanzi a se lo stuolo di “avvicinatori” di un anno fa. Rimane accanto al ministro della Giustizia Bonafede e da lì non si muove. Anche quello dei Beni culturali Bonisoli si apparta dietro i gazebo del catering e non va oltre.
Il cielo di Roma sembra dividersi sulle due forze di maggioranza. E le nuvole si concentrano sui grillini. Del resto, per capire, basta vedere come il presidente della Camera Fico e quello dell’Antimafia Morra parlano fitto fitto in un angolo. Per poi chiudere la conversazione con un tono di voce un pò più alto. «Così – allarga le braccia Fico – non si va avanti». L’epilogo del ricevimento.