La strada per la Libia passa per gli Emirati Arabi. L’Eni sbarca in modo massiccio nel Golfo, per la prima volta nella sua storia, e gli accordi strategici con Abu Dhabi si allargano subito all’Egitto e in prospettiva anche al Fezzan, dove l’Italia deve fronteggiare la concorrenza francese. In un Medio Oriente fatto a vasi comunicanti a volte le vie più lunghe sono le più sicure. Il 13 novembre il Cane a sei zampe ha firmato un accordo con la compagnia di Abu Dhabi, l’Adnoc, uno dei giganti mondiali del settore. L’intesa prevede una quota del 25 per cento in una mega concessione offshore, la Ghasha, che comprende tre giacimenti e riserve per «trilioni di metri cubi di gas». A regime i pozzi potranno produrre fino a 1,5 miliardi di piedi cubi di gas al giorno e 120 mila barili di condensati ad alto valore.
È un colpo notevole, in una regione che è stata finora territorio di caccia per le compagnie britanniche e americane. E arriva anche a compensare il ritiro forzato dal mercato iraniano, per via delle nuove sanzioni imposte da Donald Trump. Per l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, è la conferma «della fiducia nel nostro modello upstream, basato sull’integrazione dell’esplorazione e dello sviluppo». Tradotto, significa che Abu Dhabi ha scelto l’azienda italiana perché gli garantiva, prove alla mano, un passaggio rapido dall’esplorazione alla produzione.
Tutto nasce dall’exploit in Egitto, dove in meno di due anni è stato messo a regime il più grande giacimento di gas del Mediterraneo orientale, lo Zohr. Un record mondiale: il Cairo è passato da importatore a esportatore di gas in pochissimo tempo e lo stesso vogliono fare gli Emirati Arabi. Energia, sicurezza e geopolitica sono però un tutt’uno in questa regione, ed ecco che il domino si è subito allargato. Negli stessi giorni Eni ha firmato un accordo con un’altra compagnia emiratina, la Mubadala, per la cessione del 20 per cento della quota Eni nella concessione Nour, al largo del Delta del Nilo in Egitto. L’Eni ha ora una quota dell’85 per cento, il restante 15 è dell’egiziana Egas.
Si formerà così un trio per sfruttare un giacimento più piccolo dello Zohr ma molto promettente, mentre Egitto e Israele hanno firmato un accordo per portare il gas israeliano sulla costa egiziana, dove, a Damietta, c’è un grande impianto di liquefazione dell’Eni che potrebbe diventare un hub per il trasporto verso tutta l’Europa. I nuovi contratti quindi s’iscrivono, secondo Theodore Karasik, senior advisor al Gulf State Analytics di Washington, «in un’intesa strategica che unisce energia e sicurezza, e che l’Italia sta perseguendo da almeno cinque anni». La sfida nei prossimi decenni, sia nel Golfo che nel Mediterraneo, «sarà quella di proteggere le enormi scoperte fatte di recente».
È una partita che ha visto irrompere la Russia su uno scacchiere «sempre più affollato», «sia come player energetico che militare» mentre in questo momento gli Stati Uniti sono «meno presenti di Mosca». Vladimir Putin si sta aprendo la strada per installare una base militare in Egitto «e forse anche a Tobruk». Di qui la necessità per l’Italia di una alleanza con gli Emirati Arabi, che possono integrare gli investimenti in Egitto, dove hanno un rapporto di ferro con il presidente Abdel Fatah Al-Sisi, mentre in Libia sono fra i principali sponsor del generale Khalifa Haftar, padrone della Cirenaica e di una fetta del Fezzan. Con l’appoggio di Abu Dhabi l’Eni e l’Italia possono riequilibrare i loro rapporti nello scacchiere libico, e contrastare l’espansione francese dal Sud, dove esistono, puntualizza Karasik «giganteschi giacimenti di gas ancora da esplorare».
Gli accordi firmati ad Abu Dhabi hanno preceduto di pochi giorni la visita del premier italiano Giuseppe Conte, reduce dalla conferenza di Palermo che ha visto un riavvicinamento fra Haftar e il premier libico Fayez al-Serraj. Le tensioni interne ai Paesi del Golfo favoriscono paradossalmente questo processo. Il reciproco interesse è confermato anche da Omar al-Ubaydli, direttore degli Economics and Energy Studies al Centro Derasat, in Bahrein: «I Paesi del Golfo stanno da tempo cercando nuovi partner internazionali, si è parlato tanto di Asia ma c’è spazio per una cooperazione con l’Italia in tutta la regione». L’Eni ha firmato accordi minori in Bahrein ed è in trattative anche con il Qatar. Nel nome dell’energia e non solo.