La notizia, di questi tempi, fa ancora un certo effetto. «Sì, assumiamo», dice convinta Antonella Candiotto, general manager della Galdi, azienda trevisana che dal 1970 progetta e costruisce macchine confezionatrici per liquidi alimentari, dal latte ai succhi di frutta, allo yogurt, 97 dipendenti (età media 38 anni), sedi a Shanghai, in Russia e in Marocco e clienti come Tetra Pak e FrieslandCampina, Parmalat, Soresina, Granarolo. Nel mondo oggi più di 8 milioni di persone fanno colazione con prodotti confezionati da Galdi.«Ma vogliamo crescere, per questo cerchiamo nuove figure: ingegneri elettronici, sviluppatori di software, analisti di dati. Vogliamo diventare un’azienda che attira giovani», spiega Candiotto, figlia di Galdino (da qui il nome dell’azienda), che ebbe l’intuizione di creare una macchina per aiutare il business di famiglia, una piccola latteria a Montebelluna, fondata dal nonno di Antonella. «Le macchine riempitrici erano costose e poco funzionali; mio padre ne progettò una che venne presto adottata da altre latterie della zona e “notata” da Tetra Pak, che è diventata cliente di elezione e da cui abbiamo imparato su tutti i fronti», racconta la manager, entrata in azienda molti anni orsono. «Problemi perché donna? Mai avuti. Forse perché ho saputo guadagnarmi la fiducia e ho costruito intorno a me una squadra fidata. Papà è stato lungimirante: appena arrivata mi ha dato la delega a direttore generale, mostrando che credeva in me».
Di certo già sapeva che ad Antonella, 45 anni e un figlio di undici, tenacia e ambizione non sarebbero mancate: «I miei pallini sono l’internazionalizzazione e l’innovazione: oggi oltre al prodotto vendiamo servizi – spiega Candiotto –. Come MaSh, un sistema per l’Iot che permette al cliente di gestire direttamente le macchine, tutta sviluppata da noi. Oppure Tye (Through your eyes), una piattaforma di comunicazione visuale, che abbiamo creato con una società israeliana, per la diagnostica predittiva di eventuali problemi alle macchine: è una delle nostre priorità». Che rientra anche nel piano Industry 4.0 «al quale abbiamo preso parte. Negli ultimi tre anni, il 25% del fatturato (il 2017 chiuderà con una flessione, a 20 milioni di euro) è arrivato dai nuovi prodotti, e il futuro è quello di creare una connessione diretta coi clienti».
Anche quelli dei nuovi mercati: «Lavoriamo su progetti in Sudamerica, uno spazio interessante che si è aperto di recente, e negli Stati Uniti. Sì, lo confesso: abbiamo il “sogno” americano. È un mercato evoluto e difficile, dove c’è un competitor ben organizzato, ma nelle cose bisogna crederci. È anche una questione di energia». E quella, dalle parti di Treviso, non manca.
*L’Economia, 9 aprile 2018