Quanto il futuro economico del Nord, la cui vera prima priorità è di restare nell’Euroarea, è legato alla questione dell’autonomia differenziata? Poco, suggerisce Dario Di Vico sul Corriere, con una riflessione da riprendere nella speranza di provocare/stimolare ulteriore considerazioni. Ebbene, per quanto il tema dell’autonomia differenziata pesi per molteplici aspetti politico/amministrativi, viceversa riguardo al ciclo economico esso rileva poco o nulla. Il fatto è che l’economia del Nord dipende relativamente poco (almeno nei sui aspetti primariamente ciclici) dai poteri delle amministrazioni regionali. Insomma, anche se vi fosse l’autonomia differenziata, essa nulla potrebbe per evitare l’attuale rallentamento del Nord e, di conseguenza, di tutto il Paese.
La ragione è semplice. Ed è che la causa di questo rallentamento è legata alla posizione di gran parte dell’economia del Nord nella divisione internazionale del lavoro: in specie, nelle catene del valore centrate sulla Germania. In altri termini, se questa rallenta per effetto del calo del commercio internazionale, l’urto da questa parte delle Alpi qui è immediato. Ovvio che la cosa sia fuori dalla portata dei governi regionali, abbiano i poteri attuali o, come auspicano, li incrementino. Qui gli unici a poter agire sono i governi nazionali, specie se riuscissero assieme a far pesare l’Europa che, comunque, è un mega mercato globale. Anzi no; per il vero in materia qualcosa i governi regionali la potrebbero fare. Cosa? Farsi sentire dai governi nazionali affinché rifuggano, come purtroppo è accaduto, da entusiasmi protezionisti. Sarebbe stata una moral suasion politicamente opportuna contro la tentazione di segare il ramo su cui siede l’economia del Nord fortemente orientata all’export.
Peccato sia mancata. Resta, che la risorgente questione Nord, rilevando soprattutto economicamente, c’entri poco col destino dell’autonomia differenziata. In fin dei conti, il timore dell’editorialista Di Vico di “uno scollamento tra il dibattito politico-amministrativo e la (dura) realtà economica” va preso sul serio. Difatti, se probabilmente la “questione Nord” tenderà a premere sempre più forte, ciò dipenderà dal fatto che la sua economia va in sofferenza per gli effetti della ricaduta della gelata germanica sulla manifattura posta da questa parte delle Alpi. Pertanto, la “questione Nord”, decisiva per la tenuta economica della Penisola, è irriducibile al solo tema dei poteri regionali. Difatti, essa è prioritariamente questione di politica economica, ma pure di diplomazia economica, dello Stato sia nei riguardi dei partner europei che anche verso Washington. Insomma, la questione Nord è questione nazionale. L’alternativa, riducendola a fatto locale, è di fare del Nord, in competizione con l’ex Est Europa ma con handicap rispetto ad essa sui costi, un pezzo (colonia) dell’economia tedesca quasi privo di potere contrattuale.