Dalla crisi di Lehman Brothers all’anno che si è appena concluso, nel mondo sono state celebrate 8.300 operazioni sopra i 100 milioni di dollari, per un totale di 9,4 mila miliardi di dollari di fusioni e acquisizioni. Questo il valore di un decennio di M&A secondo i calcoli di Willis Towers Watson. Una tendenza, quella al consolidamento globale delle aziende, che proseguirà anche in futuro e dove alcuni paesi come la Cina continueranno ad acquisire a scapito di altri.
« Nel 2018 in Italia ci sono state quasi 300 operazioni di M& A – spiega Matteo Fiocchi, responsabile della divisone Executive compensation e Strategic Reward del colosso Usa che si occupa di consulenza e brokeraggio – di cui solo 6 hanno avuto a oggetto aziende quotate italiane, che hanno rilevato il controllo – o una partecipazione significativa – di altre aziende italiane o estere». Insomma se Cvc ha comprato la quota di maggioranza di Recordati e Richemont ha lanciato un’Opa su Ynap, altre aziende tricolori hanno tenuto testa con importanti operazioni come Prysmian su General Cable o Atlantia su Abertis. « Il nostro tessuto industriale è fatto di pmi – prosegue Fiocchi – che spesso sono target di private equity e che non necessariamente arrivano a quotarsi sul mercato » . Detto questo la lezione che si apprende dagli ultimi dieci anni di mercato è che chi ha fatto grandi acquisizioni ha creato più valore di chi ha fatto operazioni di taglia medio piccola.
E il paese più dinamico in proposito è stato la Cina che ha aumentato numero e volume acquisendo anche più capacita in fase di due diligence: batte bandiera cinese il 7,2% delle operazioni di M& A tra il 2008 e il 2018 e pari a 57,5 miliardi di dollari ( contro il 3,5% o 24,9 miliardi nel decennio precedente). « Le acquisizioni più grandi spesso sono anche più complesse da gestire, per questo necessitano di un approccio più sistematico in fase di due diligence- ricorda l’esperto di Willis Tower Watson -. L’investitore cinese spesso acquista tecnologie o know how in un settore o in un segmento di mercato o semplicemente acquisisce aziende per rafforzarsi sul mercato europeo, per questo motivo tende a valorizzare e confermare il management esistente».
Ma anche se le aziende italiane hanno comprato poco, hanno comprato bene: negli ultimi 10 anni l’M& A fatta dalle aziende quotate italiane ha garantito ritorni maggiori rispetto ai corrispettivi indici di settore, negli ultimi due anni invece il ritorno sull’investimento è stato inferiore ma questo non significa che a medio termine crei valore. «Si tratta della fotografia del rendimento di due anni particolari – spiega Fiocchi – dove alcuni settori hanno sofferto per colpa delle dinamiche del mercato azionario italiano e quindi l’incertezza politica e la volatilità dello spread». Volatilità e spread, che soprattutto nel 2018 si sono fatte sentire, tanto che come successo nel caso della Brexit, hanno addirittura indotto alcuni investitori esteri a provare ad assicurarsi con il colosso del brokeraggio internazionale, per scongiurare questo rischio. «La percezione della preoccupazione crescente degli investitori esteri di possibili effetti negativi di Brexit sugli investimenti nel Regno Unito così come dell’uscita dell’Italia dall’euro, inizia a manifestarsi con la richiesta di tutele assicurative specifiche – ammette Marco Radice, Client Relationship Director Global Solutions del gruppo Usa- soluzioni che il mercato assicurativo ad oggi non è disposto a concedere. Un segnale tangibile di come questo mercato guardi con estrema prudenza alle evoluzioni in corso».
Fatto sta che le tendenze dell’ultimo decennio, ovvero un accelerazione al consolidamento e un grande attivismo della Cina in questo senso sono destinate a proseguire anche in futuro. « Nell’ultimo anno abbiamo denotato molto dinamismo dell’M& a in Italia dell’attività delle infrastrutture e delle torri – spiega Radice – e ci aspettiamo che questa tendenza prosegua anche negli anni a venire ». Anche perché non tutti i fattori di rischio, come è successo nel caso di alcune operazioni tricolori, hanno fermato i compratori. « Mentre l’incertezza degli ultimi mesi ha raffreddato diverse operazioni, la Brexit non ha fermato l’attività di M& A- conclude Radice – I numeri dicono che gli investitori non smettono di comprare aziende britanniche, nonostante l’ormai prossima uscita dalla UE. Anzi finora chiunque abbia investito in Uk, ancorché in settori diversi, ha registrato ottime performance»