Con un 2018 chiuso «oltre le aspettative» (il fatturato è cresciuto del l’11,5% sul 2017, a 31,26 milioni di euro, contro le stime di 30,7 milioni), Fope gioielli conferma il trend di crescita che ha caratterizzato gli ultimi anni, soprattutto quelli successivi alla quotazione all’Aim del 2016. «Ci siamo riusciti grazie all’alta quotiate dei nostri prodotti» racconta Diego Nardin, amministratore delegato del l’azienda nata nel 1929 nel cuore del di stretto orafo vicentino. Umberto Cazzola è il nome del fondatore del laboratorio orafo che poi si specializza nella manifattura di cinturini per orologi in oro e in altri metalli, diventando fornitore dei più grossi marchi svizzeri. Con l’ingresso della terza generazione della famiglia, Fope realizza una propria linea di gioielli in oro. «L’intera lavorazione del prodotto viene realizzata nella nostra sede, dalla progettazione alla finitura. Possiamo
tranquillamente dire di essere 100% made in Vicenza», sottolinea Nardin che pone l’attenzione su un aspetto in particolare, ossia la forte spinta innovativa che caratterizza la lavorazione dei gioielli Fope.
«L’innovazione si muove su due direttive — spiega il manager—: una legata al pro dotto (parlo in particolare della maglia elastica contenuta in ogni segmento d’oro dei nostri braccialetti) e una legata alla lavora zione del prodotto, ossia le macchine che permettono la realizzazione della maglia con tecnologia avanzata». Un processo realizzato con una concezione industriale più che artigianale che consente di avere grandi volumi e alta qualità. Il fatturato è realizzato per l’80% all’estero: «Siamo presenti ovunque nel mondo con oltre 600 punti vendita dall’Oceania agli Stati Uniti. Per scelta abbiamo deciso di non entrare nel mercato cinese, che ha meccanismi di produzione e distribuzione troppo distanti dai nostri. Gestiamo i vari punti vendita dalle tre sedi che abbiamo all’estero: una a Miami, una a Dubai e una a Birmingham».
Ed è proprio la forte presenza all’estero, cresciuta negli anni grazie alla quotazione, che ha permesso a Fope di non sentire particolarmente la crisi che ha colpito il mercato italiano. Non solo «Siamo posizionati in una fascia medio alta — precisa Nardin —. Difficilmente la nostra cliente target può essere colpita dall’instabilità della situazione economica».
Come business model Fope ha scelto di lavo rare direttamente con i rivenditori senza passare da intermediari. «In questo modo, riusciamo a rafforzare il marchio attraverso precise strategie. Esiste un solo flagship store Fope nel mondo e si trova in Piazza San Marco a Venezia, aperto nel 2015. La forza di questo modello sta nel fatto che il singolo gioielliere conosce le esigenze del territorio. Sa quali potrebbero essere le necessità o le preferenze della clientela e in questo modo riusciamo a pianificare una produzione ad hoc», conclude Nardin.
L’Economia, 15 marzo 2019