Non si allenta la pressione sull’Italia. Non basta a riportare fiducia sul mercato sottile di mezzo agosto nemmeno la flessione del debito pubblico che, per la prima volta dopo 3 mesi consecutivi di crescita, a giugno ha invertito la tendenza ed è diminuito di 4,1 miliardi, scendendo a 2.323,2 miliardi, dal massimo storico di 2.327,2 raggiunto a maggio, secondo i dati pubblicati dalla Banca d’Italia.
Lo spread ieri è tornato a quota 282 punti, dopo aver toccato i 285 punti in apertura, con un rendimento del 3,12%, l’interesse che lo Stato paga sul debito pubblico. La Spagna offre meno della metà ai sottoscrittori dei suoi Bonos decennali (1,48%). Il Portogallo paga l’1,85%. Perfino la Grecia, che il 20 agosto esce ufficialmente dal terzo programma di salvataggio, offre un interesse sui suoi titoli di Stato con scadenza a 10 anni del 4,34%, tutto sommato nemmeno troppo lontano da quello italiano, se pensiamo alla distanza abissale tra le economie dei due Paesi. Il problema è che, oltre ad aumentare la spesa per interessi dello Stato, il rialzo del differenziale dei Btp sul benchmark tedesco si riflette sulla performance dei titoli bancari in Borsa, anche ieri tra i più penalizzati, e in questo modo pesa sull’intero listino. Così Piazza Affari ha chiuso in calo dello 0,53%, ancora una volta il listino peggiore in Europa, ai valori minimi dall’aprile 2017.
Gli investitori, scossi dal crollo del ponte Morandi sulla A10 a Genova, sembrano aspettare le prossime mosse dell’inedita maggioranza di governo, messa sotto osservazione speciale dalle agenzie di rating. In autunno l’esecutivo presenterà l’aggiornamento del Def, il documento di economia e finanza, che dovrà fissare i paletti della legge di Stabilità, lo strumento per capire quale direzione prenderanno i conti pubblici del Paese. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha promesso che la riduzione del debito continuerà e sarà un obiettivo cruciale per riconquistare la fiducia degli investitori. Ma dovrà fare i conti, da un lato con le costose promesse elettorali di Lega e Movimento Cinque Stelle, dall’altro con i vincoli europei. Il confronto con la Commissione Ue riprenderà all’Ecofin di Vienna dell’8 settembre.
Nell’attesa, i compratori esteri preferiscono tenersi lontano dal rischio italiano. Come è successo a maggio, un altro mese caldo per lo spread, quando i titoli del debito delle amministrazioni pubbliche in mano a investitori non residenti nel complesso erano scesi a 698,61 miliardi di euro, poco meno di un terzo del totale. In calo rispetto ai 722,14 miliardi detenuti dagli investitori esteri ad aprile (su un debito totale di 2.312 miliardi), secondo Bankitalia.
A complicare il quadro contribuisce la crisi turca. Dopo che ieri la lira ha ripreso a scendere, svalutandosi del 5%, Barclays ha ritirato la sua raccomandazione agli investitori a prendere posizioni lunghe sui titoli italiani a 5 anni a scapito di quelli tedeschi. Senza dimenticare che da ottobre la Banca centrale europea taglierà a 15 miliardi al mese gli acquisti di titoli dagli attuali 30, per poi concludere il programma a dicembre.
Una decisione validata dagli ultimi dati sull’inflazione nella zona euro, salita al 2,1% a luglio, rispetto al 2% di giugno, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat, che ha confermato le stime preliminari. In linea quindi con il target della Bce, vicino ma sotto al 2%. Un anno fa il tasso era dell’1,3%.