Per il lavoro autonomo italiano siamo alla vigilia di una piccola rivoluzione ma commercialisti e tecnici delle associazioni di categoria sono molto cauti nelle previsioni perché stanno lavorando a decrittare in toto il testo della nuova flat tax. Per decidere poi la strategia fiscale da consigliare a clienti e associati. Secondo Andrea Dili, presidente di Confprofessioni Lazio, i soggetti potenzialmente coinvolti sono circa due terzi delle persone fisiche con partite Iva.
«Di fatto quindi la flat tax nel prossimo futuro sarà il regime tributario naturale di professionisti e piccoli imprenditori, anche perché rispetto all’Irpef ordinaria garantisce un taglio delle imposte che può superare il 50%». Il provvedimento appare come figlio della cultura leghista di territorio più che salviniana, risponde infatti alle istanze di riduzione fiscale e semplificazione normativa avanzate da sempre dal retroterra sociale del Carroccio. Ma procediamo passo dopo passo. L’architrave della flat tax consiste in una tassazione secca del 15% — al posto di Irpef, addizionali e Irap — per gli autonomi che già dall’anno fiscale 2018 sono rimasti sotto i 65 mila euro di ricavi ovvero circa 2,5 milioni di persone. Per loro è prevista una deducibilità forfettaria (variabile a seconda dell’attività esercitata) senza applicazione degli studi di settore e soprattutto senza produrre documentazione delle spese effettuate né aderire alla fatturazione elettronica. Dal prossimo anno la flat tax , al 20% però, riguarderà anche le partite Iva che avranno fatturato nell’anno fiscale 2019 tra i 65 e i 100 mila euro. Per loro — stimabili in circa 350 mila — non è prevista forfettizzazione delle spese.
I commenti indipendenti che finora sono usciti sulla materia sottolineano tutti una contraddizione: dal punto di vista del singolo lavoratore autonomo la flat tax costituisce un notevole vantaggio, dal punto di vista sistemico si presenta come un guaio. Il professor Dario Stevanato dell’università di Trieste mette in fila i difetti della norma: «Così come è fatta non incentiva le partite Iva a crescere o a investire, il messaggio è “restate piccoli e in cambio nessuno vi disturberà”. In questo modo non si aiuta la nascita di forme più moderne di associazione professionale, anzi si destrutturano quelle che esistono. In più la possibilità concessa di non aggiungere l’Iva al costo della prestazione genera sul mercato una concorrenza sleale». L’altro elemento critico riguarda la notevole differenza di tassazione che ci sarà, a parità di reddito, tra un lavoratore dipendente e un autonomo. Per il segmento attorno ai 50 mila euro il gap sarà di circa 18 punti. Ovviamente bisogna tener presente che la copertura di welfare (sanità e previdenza) di cui gode un dipendente non è paragonabile. «E infatti dal punto di vista del datore di lavoro — commenta Dili — la tentazione di spingere un dipendente a licenziarsi, ad aprire una partita Iva e a versare i contributi alla gestione separata dell’Inps è fortissima. Gli costerebbe il 33% in meno». E l’ex dipendente sul breve pagherebbe al fisco quei 18 punti in meno a parità di reddito. «La flat tax? Stiamo discutendo al nostro interno e ci sono posizioni diverse — racconta Anna Soru, presidente di Acta l’associazione che rappresenta le partite Iva del terziario avanzato —. Il vantaggio fiscale per il singolo è indubbio ma ci preoccupano le distorsioni che si verranno a creare. Per superarle occorrerebbe che la flat tax fosse estesa a tutti, ma non credo che sia sostenibile per la finanza pubblica».
Ma non è tutto. I commercialisti stanno lavorando su un altro punto che appare decisivo per il successo del provvedimento. La possibilità di dedurre le spese forfettariamente (e non oltre) favorisce le partite Iva delle professioni intellettuali che non hanno il costo dei macchinari né dipendenti e quindi hanno una ridotta incidenza delle spese.
Per artigiani e commercianti, invece, la forfettizzazione dei costi rischia di diventare un vestito stretto e un disincentivo a rinnovare i macchinari e assumere personale. Domanda-chiave dal punto di vista politico-elettorale: quindi a usufruire del nuovo provvedimento saranno prevalentemente architetti, designer e creativi mentre la base storica della Lega — i lavoratori autonomi tradizionali — alla fine saranno costretti a tenersene alla lontana? Non è detto. E infatti le associazioni di categoria sono molto attente nel formulare giudizi, preferiscono per ora simulazioni e approfondimenti tecnici. Sul «Sole 24 Ore» lo stesso Dili ha messo in evidenza due aspetti della flat tax che potrebbero allargare la platea di coloro che usufruiranno del regime semplificato. Il primo riguarda la decontribuzione previdenziale del 35% prevista, nel testo della flat tax , solo per artigiani e commercianti e giudicata molto appetibile. Il secondo, come già detto, la possibilità di non applicare l’Iva e quindi poter praticare all’utente finale un prezzo sicuramente più competitivo di oggi. Una novità che avrebbe conseguenze non solo tributarie ma persino di costume. Se per ristrutturare casa vi sarete rivolti a un idraulico o a un architetto in regime forfettario spariranno al momento del pagamento la più classica delle scene e la più insidiosa delle domande: «Vuole che le carichi l’Iva sulla fattura o preferisce pagarmi in nero?».