Dalla riapertura dei termini per la rottamazione delle cartelle, all’ecobonus per chi acquista una moto in cambio di una vecchia, passando per il super-ammortamento per le imprese, con la deducibilità dell’Imu e lo sconto sui premi Inail, l’ingresso dello Stato nel capitale di Alitalia, gli aiuti a Radio Radicale, la tutela del Made in Italy, la fine del regime di immunità per gli acquirenti dell’Ilva, fino agli incentivi per chi apre un sexy shop in un piccolo comune.
Il decreto crescita passa anche al Senato con una maggioranza un po’ striminzita e diventa legge. «Segno di un Paese che fa sistema e rilancia l’economia» commenta da Osaka il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. I sì al provvedimento, cresciuto di dimensione nel corso dell’esame parlamentare, fino a raddoppiare gli articoli rispetto al testo licenziato dal governo, sono stati 158, con 104 contrari e 15 astenuti.
Tra le misure più attese la riapertura dei termini per aderire alla rottamazione ter e al saldo e stralcio delle cartelle per i contribuenti in difficoltà economica, cui si potrà accedere entro il 31 luglio. Parecchie le novità sul piano fiscale per le imprese, piccole e grandi. Ritorna il super-ammortamento degli investimenti, mentre scatta la deducibilità dall’Ires dell’Imu versata sugli immobili aziendali, che sarà totale nel 2023, quando anche l’Ires scenderà al 20%. Scatta invece l’obbligo dello scontrino elettronico anche per i piccoli esercizi commerciali, mentre viene prorogato a settembre il versamento delle imposte da parte degli autonomi in base ai nuovi Indici di Affidabilità economica, che sostituiscono gli studi di settore.
Le grandi imprese con oltre mille dipendenti potranno licenziare i dipendenti che hanno raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia e il minimo contributivo, concedendo loro uno scivolo di 5 anni. Per le banche del Sud arrivano incentivi per le fusioni, mentre c’è la proroga, pensando a Carige, della garanzia pubblica sulle emissioni di obbligazioni bancarie.
Il decreto autorizza l’ingresso dello Stato nel capitale di Alitalia, nel limite degli interessi maturati sul prestito di 900 milioni, la cui restituzione è stata rinviata.
Resta, invece, il «no» all’immunità per ArcelorMittal, acquirente dell’Ilva, su eventuali reati ambientali, decisione che, oltre ad indispettire la società indiana propensa ad abbandonare la scena, scatena una nuova polemica tra M5S e Lega. Luigi Di Maio se la prende con Matteo Salvini che ieri gli aveva chiesto garanzie sul mantenimento dell’occupazione. «La crisi Ilva non si risolve con un tweet, ma col buon senso, e io non accetto ricatti» ha detto Di Maio. «C’è un tavolo aperto, non interferisco col lavoro di altri ministri» ha replicato Salvini, mentre Massimo Garavaglia, vice ministro dell’Economia per la Lega sostiene che «è una follia pensare che si possa fare a meno dell’Ilva». Preoccupatissimi i sindacati, convocati da Di Maio il 9 luglio, che in coro chiedono «responsabilità» sia al governo che ad ArcelorMittal.
In compenso, nel decreto crescita Lega e M5S hanno trovato l’accordo sui debiti del Comune di Roma, accollati in parte al Tesoro, con i risparmi della loro rinegoziazione a vantaggio degli altri comuni dissestati. Passano anche le norme per la difesa dei prodotti e dei marchi italiani, anche se ieri è arrivata dalla Ue una doccia fredda. Le norme del 2018 sull’obbligo di indicare l’origine degli alimenti sono state notificate male e potranno essere impugnate in tribunale.