Fincantieri scende in campo per la maxi-commessa da circa 20 miliardi di dollari della Marina militare americana per le future fregate multiruolo nell’ambito del programma denominato Ffg(X)(Guided missile frigate). Il gruppo guidato da Giuseppe Bono ha infatti risposto, attraverso la sua controllata Usa, Fincantieri Marine Group, alla request for proposal (Rfp), lanciata a dicembre. Non è ancora l’avvio della vera e propria gara, ma è la tappa che consente alla Us Navy di chiedere ai soggetti interessati di presentare una versione ad hoc di un progetto già esistente e di tratteggiare in linea di massima costi e tempi per la costruzione delle venti unità a partire dal 2020.
Per predisporre la propria offerta, Fincantieri avrebbe coinvolto due grandi studi americani (Gibbs&Cox per il design navale e Trident Marine Systems per la soluzione ingegneristica) in modo da adattare il disegno delle Fremm (le fregate europee multi-missione) agli standard e ai requisiti del programma della Marina militare americana. Che, rispetto alle unità attualmente in servizio, le Littoral Combat Ship (Lcs), realizzate peraltro da un consorzio di cui fa parte la stessa Fincantieri e Lockheed Martin Corporation, devono presentare maggiori capacità di sopravvivenza e difesa. Inoltre, la Us Navy ha richiesto che i progetti in corsa si basino su una piattaforma già sviluppata e in servizio. Ecco perché Fincantieri, come già accaduto per la gara australiana per nove fregate di futura generazione, ha deciso di puntare su un modello rodato come le Fremm, già operative per la Marina italiana (già sei quelle in servizio e altre in costruzione). Il costo medio per ciascuna unità non dovrebbe superare, secondo le indicazioni fornite dagli americani, i 950 milioni di dollari (780 milioni di euro circa), incluso il sistema di combattimento. Tutte condizioni già soddisfatte dalle fregate italiane: le navi per la commessa statunitense sarebbero quindi costruite dal “braccio” Usa di Fincantieri in Wisconsin, dove si realizzano anche le Littoral Combat Ship.
Il cronoprogramma predisposto dalla Us Navy è partito a luglio scorso con il primo snodo, la request for information, e proseguito, come detto, a fine anno, con il passaggio successivo (la Rfp). A valle delle risposte, sarà poi lanciata entro marzo la fase di sviluppo del progetto preliminare delle nuove navi, che prevede l’assegnazione di sei contratti al massimo ad altrettanti soggetti industriali. Al termine, ci sarà un ulteriore step selettivo per la scelta del team vincitore e l’aggiudicazione della gara nell’ultima parte del 2020, con l’inizio della fase realizzativa a metà del 2022. La Marina americana non ha finora fornito dettagli sulle aziende in corsa, ma, secondo alcuni rumors, in campo ci sarebbero oltre a Fincantieri, l’americana Lockheed Martin, che propone una versione adattata delle Lcs (nelle quali, come detto, è coinvolto anche il gruppo di Bono che è il cantiere di riferimento per il big statunitense), l’altro gigante Usa Huntington Ingalls Industries, la cordata costituita dalla statunitense General Dynamics Bath Iron Works e dalla spagnola Navantia (che corre, come Fincantieri, per la gara australiana), l’inglese Bae Systems e la tedesca ThyssenKrupp Marine Systems (Tkms).
Tornando all’Italia, Fincantieri ha firmato ieri un protocollo di collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia, Cgil, Cisl e Uil, per favorire processi di collocazione lavorativa e stimolare l’occupazione locale, soprattutto quella giovanile.