È l’ultimo tassello di un piano molto più articolato che Fincantieri ha predisposto in vista della maxi-gara da oltre 22 miliardi di euro per la costruzione di nove fregate di futura generazione per la Royal Australian Navy. Perché l’obiettivo del gruppo guidato da Giuseppe Bono è offrire, come peraltro auspica il governo di Canberra, un orizzonte di lungo periodo all’industria cantieristica locale che vada al di là della realizzazione delle suddette navi militari e che, in caso di aggiudicazione, porterebbe alla nascita di un vero e proprio hub per il sud-est asiatico. Facendo compiere quel salto di qualità che ancora manca alla filiera navalmeccanica in Australia. Per questo motivo, l’assegnazione, arrivata in queste ore, da parte di Fincantieri di un contratto per la costruzione ad Adelaide di tre blocchi per navi da crociera a due società australiane, la MG Engineering e la Ottoway Engineering, va inquadrata in un programma più ampio, al quale il gruppo lavora da tempo.
Non a caso, il piano per la sfida australiana, il cui verdetto è atteso entro giugno – alcuni media locali, però, anticipano il timing già a fine maggio – parte da lontano ed è fatto di diverse tessere. Non ultima, nel caso in cui Fincantieri avesse la meglio sugli altri due competitor (l’inglese Bae Systems e la spagnola Navantia), la quotazione all’Australian Security Exchange del “braccio” australiano, costituito ormai due anni orsono e che può contare ora su due presidi territoriali, il primo aperto nella capitale e il secondo inaugurato a ottobre scorso ad Adelaide alla presenza del ministro degli Esteri, Angelino Alfano. Giunto nel paese per una due giorni fitta di incontri con rappresentanti dell’esecutivo e della comunità imprenditoriale australiani e per testimoniare il sostegno del governo italiano all’offerta di Fincantieri per la maxi-commessa.
Quest’ultima, però, come detto, è solo un pezzo di un complesso mosaico che passa soprattutto per il trasferimento di tecnologie e il training della forza lavoro in modo da permettere all’industria locale di divenire competitiva e autonoma nella progettazione, costruzione ed esportazione delle navi. In questo senso, Fincantieri può offrire alle aziende australiane un’apertura sui mercati globali e una capacità di proiezione sull’export che, al momento, con le sole loro forze non riuscirebbero ad avere. Ecco perché l’accordo appena annunciato è stato accolto con grande soddisfazione da David Pisoni, ministro dell’Industria e delle competenze del neonato governo del South Australia guidato da Steven Marshall: «È una buona notizia per l’industria cantieristica del Sud Australia, un settore che vogliamo vedere crescere e prosperare per supportare una forza lavoro altamente qualificata nel nostro paese».
Proprio per favorire il potenziamento dell’industria locale, in linea con le richieste della politica, Fincantieri ha stretto, solo per citare alcuni step, anche altri accordi con fornitori locali oltre che con le università australiane di Finders e Tafe. E ha sottoscritto altresì, qualche giorno fa, un memorandum of understanding con i principali sindacati australiani. Obiettivo: sancire una collaborazione tra i rappresentanti dei lavoratori e il gruppo per far sì che il progetto Future Frigate Sea 5000, al centro della maxi-gara, produca la migliore nave possibile, ma contribuisca anche a costruire una capacità autonoma di costruzione navale e a rivitalizzare l’industria manifatturiera australiana. Con un occhio alla commessa, quindi, ma anche, e soprattutto, al futuro economico del paese.