In che mondo vive Luigi Di Maio? La domanda è d’obbligo dopo la sua incredibile affermazione: secondo il vicepremier, l’Italia potrebbe vivere un nuovo boom economico, simile a quello degli anni ’ 60. Solo poche ore prima, l’Istat aveva certificato un altro forte calo della produzione industriale che porta l’Italia sull’orlo di una recessione. Il Movimento 5 Stelle ama accusare i suoi avversari di ignorare i problemi dei cittadini, ma qui è Di Maio ad essersi dimenticato della realtà.
Se il nostro Paese non può vivere un nuovo miracolo economico, la colpa non è certo dei 5 Stelle. L’Italia del dopoguerra poteva contare su una demografia favorevole e sulle spinte dell’industrializzazione, della ricostruzione e dell’esplosione del commercio internazionale. Oggi, invece, l’Italia è un Paese che invecchia, molto più vicino alla frontiera tecnologica e alle prese con i venti protezionistici che soffiano tra Stati Uniti e Cina. Le condizioni per tassi di crescita superiori al 5% semplicemente non esistono.
Né si può affermare che il rallentamento congiunturale che sta frenando l’industria italiana sia interamente auto-inflitto. Il calo della produzione industriale in Spagna, Francia e Germania mostra come tutta l’eurozona sembri essere oggi in affanno. Inoltre, il drastico rallentamento del settore automobilistico tedesco, dovuto alle difficoltà dei produttori ad adattarsi ai nuovi test per le emissioni, ha avuto certamente un impatto sui loro tanti fornitori italiani. Anche gli effetti di calendario, legati al ponte di Ognissanti, potrebbero aver giocato un ruolo. Se così fosse, nei prossimi mesi dovremmo vedere un rimbalzo. Ma perché lasciarsi andare a paragoni azzardati quando l’economia appare così in difficoltà? Forse è soltanto un modo per provare a nascondere la voragine che esiste tra le aspettative create dal governo giallo-verde e la realtà dei numeri. Solo tre mesi fa, il ministro Paolo Savona parlava di una crescita economica che avrebbe potuto toccare il 2% nel 2019 e il 3% nel 2020. Oggi, persino lo striminzito 1% segnato dal suo collega Giovanni Tria nelle previsioni ufficiali appare parecchio ottimistico.
Di certo, Di Maio non ha fatto finora nulla per migliorare la precaria situazione italiana. Ieri il vicepremier ha azzardato un’analogia fra le autostrade che l’Italia ha costruito sessant’anni fa e le «autostrade digitali» che potrebbero essere create oggi. Ma a detta delle stesse previsioni del governo, la crescita annuale degli investimenti in Italia rallenterà da una media di poco superiore al 4% negli ultimi due anni a una appena sopra il 2% nei prossimi tre. Il governo di Giuseppe Conte ha deciso di puntare tutto sull’aumento della spesa corrente, lasciando briciole alle opere pubbliche.
L’esecutivo potrebbe rispondere di aver provato ad aumentare ulteriormente la spesa in deficit, ma che è stata l’Unione europea a mettersi di traverso. Peccato quella strategia sia stata fermata prima di tutto dai risparmiatori – italiani e stranieri – che investono in titoli di Stato, e solo dopo da Bruxelles. Se Di Maio avesse davvero puntato sulle infrastrutture, invece che su “reddito di cittadinanza” e “quota 100″, forse qualche spazio in più per una manovra espansiva lo avrebbe avuto. Invece, i 5 Stelle preferiscono continuare a rallentare anche le opere pubbliche che già sono in programma, come la linea ad alta velocità Torino- Lione. Non proprio lo spirito che animò i costruttori dell’Autostrada del Sole. La caduta dei 5 Stelle nei sondaggi mostra come anche i loro elettori si stiano cominciando a stufare delle fanfaronate di Di Maio – come quella sull’abolizione della povertà. Al vicepremier converrebbe tornare presto sulla terra. Il rischio è di essere ricordato non tanto per il ” boom” economico a cui sognava di presiedere, ma per i ” bum” di ironia che accompagnavano le sue affermazioni.