Da Fiat a General Motors. E da qui al gruppo Peugeot, passando attraverso Opel, un tempo americana ma che adesso batte bandiera francese. In fondo, schema che vince non si cambia, neanche nel business. Ed è molto chiaro il progetto che ha in mente Paolo Avondetto, presidente di Finandrea, la holding di famiglia che controlla Fara Industriale: «Siamo già fornitori di Opel, puntiamo a diventarlo di tutto il gruppo Peugeot».
Fondata nel 1954 alle porte di Mirafiori, la Fara era una classica officina che produceva ricambi non originali per auto, in particolare i paraurti. Un cliente unico, nemmeno troppo distante. Ma tutto cambia negli anni Novanta del secolo scorso: l’azienda comincia la produzione di stampi e a fare stampaggio di lamiera a freddo. Realizzano bretelle per il fissaggio del serbatoio, staffe su cui si montano i cavi elettrici della vettura, cestelli per la batteria: tutte parti interne della vettura. La svolta arriva nel 2000 con la joint venture tra Fiat e General Motors, quella che verrà sciolta da Sergio Marchionne, cinque anni dopo. Un periodo comunque sufficiente per diventare fornitori stabili e farsi apprezzare da Gm. «I nostri competitor non hanno potuto o voluto crederci – spiega Avondetto –. Noi invece abbiamo lavorato molto, gli americani chiedevano prodotti di qualità. In più, abbiamo sviluppato una capacità al nostro interno di progettare e costruire stampi». Per Fara Industriale è la svolta, perché diventa un partner necessario del gruppo. «Con Gm condividiamo il design dei pezzi, senza occuparci dell’estetica, ma diamo un contributo pratico già quando vengono progettati. In questo modo, ottimizziamo i costi e il cliente è soddisfatto».
Tutto qui? «Certamente no. La tempestività nel rispondere alle richieste delle aziende è diventata una chiave vincente». I risultati gli danno ragione: il fatturato è balzato da 27 milioni del 2014 ai 38 di due anni dopo per salire a 42 milioni nell’esercizio 2017. Anche gli utili, cresciuti del 10% nel 2016 a quota 3,7 milioni hanno mantenuto lo scorso anno un uguale tasso di incremento percentuale. Da molto tempo ammonta a due milioni all’anno l’investimento sugli impianti tra nuovi macchinari e aggiornamento dell’esistente in un’ottica da Industrial 4.0. «Aiuta molto anche avere un network di fornitori stabili, anche per far fronte insieme con loro ai picchi della produzione in alto o in basso», spiega l’ingegnere.
A garantire la sostenibilità durante la grande crisi, nei quali l’azienda con 70 dipendenti non è mai ricorsa alla cassa integrazione, ha contribuito il mix tra le forniture per auto (40% del giro d’affari) e i veicoli industriali (60%).
*L’Economia, 23 aprile 2018