Ex popolari, la Claris leasing di Veneto Banca finisce alle Bcc di Cassa centrale. Mentre non si attenua il diluvio delle decisioni-beffa dell’Arbitro Consob sulle azioni delle ex popolari, che continuano a dare ragione ai soci, con pronunciamenti di fatto inutili, nell’impossibilità di ottenere risarcimenti dopo la liquidazione delle banche.
Dunque non si ferma il fronte delle ex popolari. Con notizie su più fronti anche ieri. Da un lato la liquidazione di Veneto Banca, dopo aver venduto per 5 milioni di euro la società di factoring Claris Factor al Credito Valtellinese, ieri ha completato l’operazione, firmando il contratto preliminare di vendita (il valore dovrebbe aggirarsi sui 24 milioni) con Cassa Centrale Banca, la capogruppo del gruppo bancario delle Bcc con sede a Trento, di Claris Leasing, la società con uno stipulato di 700 milioni e un utile di 4,2 che aveva sempre ben funzionato anche nei momenti più difficili di Veneto Banca. Sulla vendita la First Cisl chiede però garanzie per i dipendenti, nella delicata fase di passaggio dal contratto Abi a quello delle Bcc.
Ma i fronti aperti sono anche altri. A partire dall’accordo che Bankitalia e Consob hanno firmato per una cooperazione più stretta, dopo la figuraccia combinata davanti alla commissione parlamentare banche proprio sul caso delle popolari venete.
E poi resta incandescente il fronte legale. Dove si stanno moltiplicando le decisioni dell’Arbitro Consob a favore dei soci delle due ex popolari. Le ultime portate a casa dagli avvocati Vincenzo e Camilla Cusumano dello studio Legals di Padova. Che serviranno almeno per insinuarsi al passivo della liquidazione. Ma poi anche per aprire una causa civile contro Intesa Sanpaolo, ritenendola civilmente responsabile sulla scorta di quanto stabilito dal Gup di Roma, nonostante che il decreto di liquidazione blocchi la possibilità di ricorrere contro Intesa. «Soprattutto queste decisioni mostrano come lo Stato dovrebbe metter mano al fondo per il risarcimento dei soci. Oltretutto senza troppo preoccuparsi rispetto al rischio di incorrere negli aiuti di Stato nella sua alimentazione, visto che qui stiamo risarcendo non i soci in quanto tale, ma le vittime di una truffa di massa nel collocamento delle azioni».
Ma poi c’è un altro fronte che aprono le decisioni dell’Arbitro. Perché la singolarità di un caso, seguito dall’avvocato Matteo Moschini, riguarda un socio a cui Veneto Banca aveva dato un fido agevolato di fronte all’impossibilità di vendere le azioni.
Il caso riguarda una proprietaria di 4.330 azioni di Montebelluna, per oltre 170 mila euro, che aveva chiesto di vendere. La banca aveva chiesto un po’ di tempo e per tamponare il disagio aveva propose un fido a tassi molto convenienti, pari a 150 mila euro, che sarebbe stato ripianato non appena le azioni fossero state vendute. Ora il prestito è passato al la Sga che chiederà e il rientro del fido. Riassumendo, la cliente ha avuto ragione dall’Acf ma non servirà a parare le pretese della Sga e nemmeno, in automatico, a recuperare il valore delle azioni polverizzate. «Sono stato alcuni giorni fa alla Sga per verificare l’esistenza di margini di transazione – spiega Moschini – ma la risposta è stata netta. Non saranno considerate trattative in cui si pretenda di compensare il debito con un eventuale credito da risarcimento danni perché, spiegano, le azioni non le ha emesse la Sga». Casomai si può provare con l’insinuazione al passivo ma i tempi saranno biblici e la pronuncia dell’Arbitro più che una ulteriore leva non potrà essere. E poi scatterà l’azione contro Intesa. «È il soggetto cessionario. I 150 mila euro della mia assistita non erano un fido ma un anticipo sulla vendita, è stata truffata e il reato per me prosegue attraverso Intesa ».