Tre ore di faccia a faccia tra il governo ed i Mittal non fermano lo scontro sull’Ilva di Taranto. Da un lato la multinazionale franco-olandese, dopo la cancellazione dello scudo penale per i reati ambientali, non si fida più delle promesse del governo e della politica italiana, e dall’altro l’esecutivo respinge la decisione di stracciare il contratto perché mancano i presupposti giuridici. «Per sgombrare il campo da ogni dubbio – ha spiegato il premier Conte alla fine del consiglio dei ministri di ieri sera – ci siamo detti disponibili a ripristinare l’immunità», punto su cui però la maggioranza sarebbe tutt’altro che compatta. A suo parere, del resto, il tema sul tavolo non è questo: il problema che oggi pone Arcelor è che con la produzione scesa a 4 milioni di tonnellate Arcelor non riesce a remunerare gli investimenti previsti e per questo chiede 5 mila esuberi. Una richiesta per noi inaccettabile». Il governo, con Conte e poi col ministro Patuanelli, ha ribadito la strategicità dell’Ex Ilva e per questo ha dato ai Mittal due giorni di tempo per rivedere i propri intenti. «Se ci sono criticità non giustificano affatto la riconsegna dell’intero impianto. E’ scattato l’allarme rosso, ci siamo resi disponibili a una finestra negoziale 24 ore su 24» ha detto poi Conte che oggi ha detto di voler incontrare i sindacati. «Qui dobbiamo alzare la posta in gioco. Questo Paese non si lascia prendere in giro. Questo è un Paese di diritto, è un Paese serio. Nessuno li ha costretti a partecipare a una gara» e «nessuna responsabilità è imputabile al governo». Non solo, ma come ha poi dichiarato Patuanelli, «Arcelor deve rispettare i patti ed effettuare gli investimenti».
I vertici di Arcelor, il patron Lakshmi Mittal, il figlio Adyta Mittal e l’ad italiano Lucia Morselli, a loro volta, hanno posto al governo tre condizioni precise per interrompere le ostilità. La prima è scontata, e prevede la reintroduzione della protezione legale, con una legge apposita, ma soprattutto con la garanzia politica che non venga cancellata come è già avvenuto in passato. Ma come ha specificato Arcelor nel ricorso al tribunale di Milano lo scudo non è più sufficiente a proseguire l’impegno e gli investimenti su Taranto. Occorre infatti rivedere il contratto dell’anno passato tenendo in considerazione la crisi che sta attraversando il mercato dell’acciaio abbassando quindi a 4 milioni di tonnellate (dai 6 preventivati) i livelli produttivi, adeguando di conseguenza i livelli occupazionali e chiedendo al governo di mettere in campo un robusto piano di ammortizzatori sociali. Ed è a questo punto che è stata messa sul tavolo la richiesta di 5 mila operai da mettere in cassa integrazione. Infine Arcelor sollecita un intervento normativo che estende la facoltà d’uso per 14-16 mesi per superare l’impasse dell’altoforno 2 per il quale la magistratura ha prescritto una serie di interventi di messa norma fissando tempi talmente stretti che per l’azienda sono impraticabili.
Anche al vertice della mattina, al quale oltre a Conte hanno preso parte ben 6 ministri (Patuanelli, Gualtieri, Provenzano, Speranza, Bellanova, Catalfo ed il sottosegretario Turco), la richiesta di cig avanzata da Arcelor è stata respinta senza incertezze: l’ipotesi non viene «neanche minimamente presa in considerazione».
Nemmeno l’imminenza dell’incontro a palazzo Chigi è servita ad addolcire un poco la posizione del colosso franco-indiano. Tant’è che ieri mattina Arcelor ha avviato le procedure per ritrasferire alla gestione commissariali tutti e 10.777 dipendenti presi in carico al momento di rilevare l’Ilva. Una decisione, subito contestata dai sindacati, che segue la lettera di disdetta del contratto di affitto/acquisto inviata lunedì ed il successivo esposto al Tribunale civile di Milano. Le motivazioni sono quelle note: « La protezione legale – si osserva – costituiva «un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all’operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal contratto». E da questa posizione (per ora) i Mittal non sembra si vogliano spostare.