Dopo un mese di braccio di ferro, poco è cambiato. Pochissimo. La richiesta di 5 mila esuberi fatta da Lakshmi Mittal il 4 novembre scorso al premier Giuseppe Conte è diventata, esattamente un mese dopo, 4.700 tagli, di cui quasi 2.900 subito. Già dal 2020. La condizione per rimanere in Italia, messa nero su bianco nelle slide del nuovo piano industriale illustrato ieri al Mise dall’amministratore delegato di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli, è stata, per il ministro Stefano Patuanelli e per i sindacati presenti, come un pugno in faccia. Il ministro non ha nascosto — in attesa che il governo dia una risposta alla proposta dei franco-indiani entro lunedì, in un documento formale — il suo disappunto: «Sono molto deluso, l’azienda non ha fatto i passi avanti attesi: la strada è stretta, in salita». E con quel numero di esuberi non potrebbe essere altrimenti, sebbene il governo voglia comunque giocare tutte le carte a disposizione: «In una fase di trattativa ci sta un momento di particolare criticità: noi faremo le nostre proposte nelle prossime ore, siamo molto cocciuti, cerchiamo di stare al tavolo e di arrivare all’obiettivo finale, garantire una produzione siderurgica all’avanguardia con nuove tecnologie. Ma entro il 20 dicembre dobbiamo avere chiaro se siamo in grado di andare avanti oppure no. Se la posizione è questa ed è rigida, non credo che ci saranno le condizioni per trattare».
Per i sindacati non c’è neanche lo spiraglio lasciato da Patuanelli. Hanno alzato un muro, respingendo subito la proposta di ArcelorMittal che prevede di ridurre gli attuali 10.798 dipendenti — quelli del piano originario firmato il 6 settembre 2018 — a 6.098 nel 2023, con 2.891 esuberi dal 2020 e altri 1.800 circa nei tre anni successivi, dopo che ArcelorMittal spegnerà l’Afo2 facendo entrare in funzione un forno elettrico ad arco che assorbirebbe meno mano d’opera, con la produzione che dai 4,5 milioni di tonnellate attuali potrà risalire fino a 6 milioni dal 2021 (ma nel piano originario nel 2023 si sarebbero dovuti superare gli 8 milioni). E mentre, nel 2019, che nel 2019 dovrà registrare un’uscita di cassa di 1 miliardo. «Gli esuberi stimati da ArcelorMittal nel piano 2020-2024 sono irricevibili — è stata la prima risposta del leader della Cisl Annamaria Furlan — considerando anche che con i mancati rientri e i lavoratori in amministrazione straordinaria si arriverebbe a una quota compresa tra 6.300 e 6.700 esuberi». I sindacati hanno deciso di proclamare uno sciopero per il 10 dicembre: una delegazione sarà presente alla manifestazione già indetta da Cgil, Cisl e Uil a Roma, come ha riferito il leader della Uil Carmelo Barbagallo. «Perché — ha commentato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini — questo non è un piano industriale, ma un progetto di chiusura: abbiamo un accordo del 2018 con 8 milioni di tonnellate e da lì bisogna partire».