Fino a tanto non si era spinto nemmeno Matteo Renzi. « Il 26 maggio non sono elezioni europee, ma un referendum tra la vita e la morte, tra passato e futuro, tra Europa libera e stato islamico», è il grido col quale Matteo Salvini – in comizio da Sanremo e nuovamente in felpa – chiama i suoi alla mobilitazione. Un voto spartiacque, insomma, sulle politiche della Lega in questo anno di governo, più che sul futuro Parlamento di Bruxelles, sulle politiche comunitarie, sulle proposte economiche. Un voto sul vicepremier, su di lui e le sue riforme in tema di sicurezza e immigrazione che hanno spaccato il Paese.
Appello estremo per una battaglia elettorale fattasi giorno dopo giorno durissima contro i cosiddetti “alleati” 5Stelle. Il calo registrato dalla Lega in quasi tutti i sondaggi nei giorni scorsi – dopo settimane di scontro tra i gialloverdi sul caso Siri – potrebbe aver indotto il ministro dell’Interno ad alzare la posta in gioco. Sta di fatto che l’alleato ha colto l’occasione al balzo per infierire: «L’ultimo che ha parlato di referendum è stato Renzi e non gli è andata bene » . E a proposito di Renzi, Salvini risponde all’ex premier che in una intervista a Repubblica ha sostenuto che una parte dei 49 milioni della Lega scomparsi sono stati usati per finanziare la Bestia, la macchina della propaganda leghista. «Non querelo Renzi, lo stanno giudicando gli italiani. Io – ha detto il Capitano – io non ho toccato una lira».
Ma se la deve vedere ancora con Di Maio che ha una idea diversa delle Europee: « Io non sfido gli italiani, alle urne dovranno scegliere tra chi si vuole tenere gli indagati per corruzione nelle istituzioni e chi no – sono le parole di Di Maio da Foggia con chiara allusione proprio alla vicenda del sottosegretario revocato – Chi dice che la donna deve stare chiusa in casa a fare figli e chi vuole aiutare le famiglie».
Già, le famiglie. È la carta jolly che si gioca il capo del Movimento a due settimane dal voto, annunciando lo stanziamento di un miliardo di euro da distribuire subito, per decreto. Mossa fin troppo palese per non richiamare, a proposito di Renzi, quella degli 80 euro che diede all’allora premier la spinta decisiva per vincere le Europee 2014 con 2 milioni e mezzo di voti ( e il 40,8 per cento). La reazione del ministro leghista alla Famiglia, quel Lorenzo Fontana attaccato a testa bassa dai grillini in più occasioni per le sue posizioni ultra conservatrici, è sarcastica. « Immensa soddisfazione e gioia per la conversione di Di Maio sulla famiglia: è diventato un leghista, un mio discepolo», è la replica.
Matteo Salvini, in Liguria in mattinata e in Piemonte nel pomeriggio, si mostra sempre più insofferente. Anche per via degli ostacoli che stanno opponendo dal M5S al suo “jolly”, il decreto sicurezza bis sul quale adesso anche il premier Conte frena. « I rimpatri sono competenza di Salvini, ma siamo disponibili a dare un supporto», fa sapere Palazzo Chigi. Di Maio si spinge oltre: «Invece di fare il decreto per iniziativa elettorale, lavoriamoci qualche settimana e mettiamoci i soldi, siamo ancora fermi con rimpatri e ricollocamenti » . Veti che il capo del Viminale, come spiega ai suoi, non comprende: « Il decreto colpisce i criminali, gli scafisti, i condannati definitivi, chi aggredisce i poliziotti, come fanno i 5 stelle a essere contrari? » . Con lui, in ogni caso, « i porti sono e rimangono chiusi » fa sapere: « Lo dico a qualche alleato di governo che ha nostalgia dei porti aperti » . Dunque, sul decreto sicurezza bis «non accetto i no, punto». E rilancia: vogliono il conflitto di interessi? « Pronto a votare quel che c’è nel contratto, ma le emergenze sono altre». E conferma che al prossimo Consiglio dei ministri porterò «autonomie, abbassamento delle tasse e sicurezza: mi aspetto che i 5 stelle mantengano la parola».
Ma il cdm, forse non a caso, è in dubbio. Palazzo Chigi aveva prima individuato il 15, poi il 16, infine il 20 maggio, ma – stando a quanto trapela – l’agenda elettorale dei due vicepremier non consentirebbe la concomitante presenza a Roma. Un pretesto, a sentire i leghisti, per ostacolare le manovre di Salvini. Tanto che il messaggio che il segretario lancia a fine giornata sa di avvertimento: « I rapporti di forza cambiano se non si rispetta il contratto, io voglio andare avanti coi 5 stelle, la mia parola vale, basta che gli alleati non mi insultino ogni giorno, perché se ti insultano ogni giorno…», lascia cadere lì. Il finale lo scriverà dopo il 26 maggio.