Crede che il segreto sia cogliere in tempo i cambiamenti di un settore che evolve velocemente Carmine Esposito, consigliere delegato Epm, azienda attiva nei servizi ambientali, fondata dalla sua famiglia — la prima generazione è ancora operativa — a Napoli nel 1984. L’avventura imprenditoriale di Epm inizia in piccoli segmenti di mercato, tra i quali l’igiene ambientale e civile e la raccolta dei rifiuti, per avvicinarsi presto (erano i primi anni Novanta) alla gestione integrata dei servizi rivolti alla funzionalità degli immobili e intercettando in anticipo l’avvento e lo sviluppo delle energie alternative.
«Abbiamo intuito presto — racconta Esposito — il potenziale enorme delle fonti rinnovabili. Per questo, prima abbiamo cominciato con la produzione di energia verde e poi, visto il boom di richiesta, trainata anche dall’entrata in vigore dei vari protocolli ambientali e con la nascita di una nuova sensibilità sui temi della sostenibilità nel corso degli anni, a partire dal 2008 siamo entrati anche nel settore dell’efficienza energetica».
Un modello di business perfettamente complementare con quello del facility management. «Con l’avvento della globalizzazione — spiega Esposito — è diventato sempre più comune esternalizzare i servizi non core
per le aziende, ovvero di facility ed energy management: dalle manutenzioni alla gestione dei servizi energetici. In tal senso, la soluzione vincente è stata quindi la fornitura integrata di questo genere di servizi mediante un interlocutore unico. Tale scenario, infatti, ci ha consentito di applicare in maniera efficiente il nostro modello in moltissimi altri settori: ad esempio, quello industriale, quello portuale (complice anche il problema della decarbonizzazione) e della sanità privata».
Tutte fette di mercato che hanno permesso a Epm di essere una delle prime aziende ad entrare a far parte del programma Elite di Borsa Italiana nel 2012, così come di chiudere il bilancio del 2018 con un fatturato pari a 35 milioni di euro (+ 35% sul 2017) e con la prospettiva di confermare la crescita anche nel 2019. Il tutto, anche grazie agli investimenti consistenti in ricerca e sviluppo, quantificabili tra il 5 e il 10% del fatturato, avviati negli ultimi anni. «Investiamo molto — conclude Esposito — nelle tecnologie d’avanguardia. Per esempio, nella produzione di energia dagli scarti e dalle biomasse. Si tratta, del resto, di macchinari strategici per le industrie agroalimentari e per le piccole aziende agricole, visto che, con la produzione sul posto, abbattono contemporaneamente sia i costi di trasporto dell’energia, sia quelli dello smaltimento dei rifiuti».