Il piano d’emergenza per far fronte alla crisi Embraco-Whirlpool ieri ha fatto un passo in avanti con il via libera dei vertici sindacali nazionali. I licenziamenti che erano stati richiesti dall’azienda sono rinviati al 1 gennaio 2019 e nel frattempo i 500 lavoratori dello stabilimento di Riva di Chieri resteranno al lavoro e prenderanno lo stipendio pieno. Ma la soluzione trovata a Roma è stata accolta in fabbrica con qualche mal di pancia e sono previste assemblee dei lavoratori già lunedì mattina per un chiarimento definitivo. In particolare è la Uil torinese la più convinta nel sostenere «la riapertura della trattativa» per ottenere non il congelamento ma l’annullamento dei licenziamenti.
In ogni caso è stato confermato lo sciopero e la mobilitazione generale dei metalmeccanici di Torino già indetti unitariamente per il 13 marzo. In attesa che in campo sindacale maturi un giudizio unanime vale la pena ricordare che nei mesi da oggi a gennaio ‘19 saranno vagliate dal Mise, da Invitalia e dalla Whirlpool le ipotesi di reindustrializzazione del sito con imprenditori che dovrebbero subentrare cambiando la missione produttiva dell’impianto. Ci sono contatti già in corso (tre) e il più promettente riguarda un fondo italo-israeliano. Operazioni di questo tipo non sono mai semplici, hanno bisogno di tempi medio-lunghi ma il ministro Carlo Calenda ha promesso ai sindacati di esaminare congiuntamente a fine marzo l’avanzamento dei colloqui. Se entro gennaio ‘19 la reindustrializzazione non dovesse approdare a risultati concreti c’è l’impegno di Invitalia a fare di Embraco il primo caso di utilizzo del nuovo fondo contro le delocalizzazioni (dotazione 200 milioni) definito dallo stesso Calenda «un paracadute».
Il rinvio dei licenziamenti è stato salutato da commenti favorevoli di due dei principali leader sindacali, Marco Bentivogli della Fim-Cisl e Maurizio Landini della Cgil. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, dal canto suo, ha sottolineato «l’ottimo lavoro del ministro Calenda» e un analogo giudizio è arrivato da Matteo Renzi. Al di là delle accentuazioni legate all’imminenza del voto il bilancio dell’«officina riparazioni» del Mise di queste ultime settimane è particolarmente positivo e segna in qualche maniera più di un punto a favore dell’attivismo di Calenda.
Dopo aver chiuso l’annosa vicenda Alcoa, giovedì scorso è stato sottoscritto l’impegno del gruppo indiano Jindal a subentrare agli algerini riluttanti nell’Aferpi di Piombino ed è quasi certo che si possa riavviare l’attività del sito Euroallumina del Sulcis. Fermo dal 2009 l’impianto è in manutenzione costante e sono maturate le condizioni perché i nuovi proprietari, il gruppo russo Rusal, possano far ripartire la produzione. Il caso Embraco lascia, infine, irrisolto il contenzioso con Bruxelles e Calenda infatti ieri ha voluto ricordare che «abbiamo chiesto alla Commissione Ue se la Slovacchia ha usato fondi strutturali per abbassare le tasse» e quindi attrarre imprese perché «i Trattati Ue vietano di sfruttare fondi strutturali per questo motivo».