Quasi 200 mila nuove partite Iva aperte nel primo trimestre del 2019. Già nei giorni scorsi l’Istat aveva segnalato la crescita dell’occupazione autonoma, ma ieri dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sono giunti i primi dati ufficiali sugli effetti della mini flat tax per le partite Iva, che prevede un regime fiscale estremamente favorevole fino a 65 mila euro. Se il trend dovesse continuare allo stesso ritmo per tutto l’anno, avremmo uno spazio potenziale di 800 mila nuove partite Iva, a fronte di una media degli ultimi anni che ha oscillato tra 500 e 550 mila.
La riprova dell’effetto flat tax sta nel numero di «debuttanti» che ha scelto il regime forfettario: più di 100 mila, ovvero il 53,3%. Anche altri dati sembrano confermare l’interpretazione di cui sopra, il 77% delle aperture è dovuto a persone fisiche e circa la metà di questi sono giovani under 35. Se analizziamo la classificazione per attività produttiva, le professioni risultano il settore con il maggior numero di aperture (20,2%) seguito dall’immancabile commercio con il 17,8%.
Ci sarà tempo e modo per capirne di più e per rispondere alla domande di chi ha criticato la flat tax per gli effetti distorsivi che può produrre sia in termini di disparità fiscale sia di mercato del lavoro. «È presto per formulare delle analisi compiute — sostiene Andrea Dili, presidente di Confprofessioni Lazio — Più avanti vedremo se le nuove aperture corrispondono a una sostituzione di lavoro dipendente o se rappresentano per lo più lavoro autonomo aggiuntivo». Lo stesso Dili sottolinea come il dato delle aperture potrebbe anche crescere perché l’informazione sul nuovo regime fiscale non è ancora stata del tutto recepita dai soggetti potenzialmente interessati.
Sul fronte delle statistiche dell’economia reale va segnalato anche il dato Istat sulla produzione industriale di marzo che ha fatto segnare -0,9% mese su mese annullando così il dato positivo di febbraio (+0,8%). La contrazione ha interessato maggiormente il comparto farmaceutico, tessile, elettronica e mezzi di trasporto. L’effetto che il calo della produzione industriale avrà sull’andamento del Pil viene così sintetizzato da Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo: «Il trimestre corrente (il secondo 2019, ndr) per il Pil sarà con ogni probabilità più fiacco e del precedente e forse negativo, c’è il fondato sospetto che effetti di calendario abbiano spostato crescita dal secondo al primo trimestre con un trend di sostanziale stagnazione». E non è una buona notizia.