Molti vogliono comprare; nessuno – ufficialmente – vuole vendere; un po’ tutti stanno studiando il dossier. Il motivo è semplice: Borsa italiana spa, e la sua preziosa controllata Mts (la piattaforma che gestisce gli scambi sui titoli di Stato), da qualche tempo hanno un equilibrio particolarmente instabile. Due i fattori di incertezza: l’uscita dall’Unione europea del principale azionista, il London Stock Exchange, e l’acquisizione – da parte di quest’ultimo – di Refinitiv, l’ex divisione dati di Thomson Reuters. Gli scenari al momento sono tutti aperti. Da un lato c’è il progetto cui sta lavorando Mediobanca dallo scorso novembre, che vede Cdp nel ruolo di pivot per promuovere una cordata di investitori (probabilmente banche) e riportare la Borsa in un alveo italiano, anche se la Cassa afferma di non avere un dossier aperto. In altri ambiti Cdp viene tirata in ballo anche in quanto azionista quasi totalitaria di Sia: la piattaforma digitale garantisce già gli scambi su Mts, quindi una sua discesa in campo sarebbe quasi una logica evoluzione. Ipotesi che tuttavia confligge con l’idea – cara a molti – di una fusione Sia-Nexi (che tuttavia potrebbe vedere in un secondo momento l’acquisizione di una quota importante di Piazza Affari). Sullo sfondo, l’interesse dichiarato e noto di Deutsche Boerse e di Euronext, che gestisce le Borse di Parigi Amsterdam e Bruxelles. Qual è l’ipotesi migliore e quella più realistica? «L’aspetto fondamentale è che la Borsa deve restare competitiva, deve essere gestita nell’interesse del mercato», spiega Gianluigi Gugliotta, segretario generale Assosim. I conflitti di interesse potenziali sono infiniti.
Però la soluzione, a detta di chi sta seguendo da vicino la vicenda, non è dietro l’angolo; complice anche l’emergenza coronavirus che ha sviato l’attenzione delle forze politiche e governative. Un loro intervento, dalla moral suasion all’esercizio del golden power (che nel caso della Borsa avrebbe tuttavia bisogno di alcuni regolamenti atttuativi) è considerato cruciale per smuovere la partita.
La discussione sul futuro di Borsa si snoda tutta intorno all’”ingombrante” azionista, impegnato a finalizzare l’acquisizione di Refinitiv per 27 miliardi di dollari. Al più tardi entro fine anno l’Antitrust europeo si esprimerà in proposito; è possibile che chieda misure per contenere il nuovo gruppo. Tuttavia il numero uno dell’Lse, David Schwimmer, due giorni fa ha detto di non aspettarsi nessun cambiamento di proprietà di Borsa italiana a seguito dell’integrazione con Refinitiv e di considerare Piazza Affari «parte integrale del business».
Per la Borsa italiana restano comunque due ordini di problemi: la gestione del post-Brexit, con i negoziati sugli assetti successivi alle norme transitorie ancora tutti da affrontare; e il cambio di profilo della stessa Borsa della City. Che con Refinitiv si trova ad essere contemporaneamente produttore di dati e venditore dei medesimi. Inoltre Refinitiv ha anche un’attività di scambi su obbligazioni che potrebbe entrare in concorrenza con l’Mts. Indizi, se non prove, del fatto che il futuro di Borsa è diverso dal quadro attuale.