Riparte con un aggravio di 6,3 miliardi di maggiore indebitamento netto 2017 il calcolo delle probabilità sulle misure di correzione che si prospettano per l’anno in corso e la portata della manovra economica 2019-2021, la prima della nuova legislatura. Ma poiché il peggioramento riguarda il saldo nominale ed è quasi del tutto dovuto agli oneri una tantum dei salvataggi bancari dell’anno passato, non sono da attendersi particolari effetti di trascinamento sul 2018.
Ieri Istat, con i conti trimestrali della Pa diffusi in versione coerente con il conto annuale trasmesso a Eurostat in applicazione del Protocollo sulla procedura per deficit eccessivi (la validazione scatterà il 23 aprile), ha puntualizzato un deficit/Pil maggiore di quattro decimali rispetto alla stima del 1° marzo (al 2,3%, pari a 39,691 miliardi, rispetto al vecchio 1,9%, circa 33,18 miliardi). Anche il debito/Pil è peggiore: 131,8% contro i 131,5% della stima precedente. Il miglioramento dei conti rispetto al 2016 resta, insomma, ma si affievolisce di molto.
Ad aumentare i due saldi più monitorati della finanza pubblica è stata come detto la quantificazione d’impatto degli interventi di salvataggio bancario dell’anno scorso, definite d’intesa con Eurostat (si veda IlSole 24 Ore di ieri). Ecco i numeri: 1) salgono da 1,1 a 1,6 gli oneri per gli interventi su Monte Paschi, ovvero la ricapitalizzazione e il ristoro dei “junior bondholders”, a luglio e novembre; 2) sono calcolati come trasferimento in conto capitale pari a 4,756 miliardi gli oneri legati alle liquidazioni coatte amministrative (lca) di Veneto Banca e Pop. Vicenza. Totale: 6,3 miliardi di maggiore indebitamento nominale, cui vanno aggiunti circa 200 milioni frutto di altre revisioni.
Gli interventi sulle due venete hanno avuto poi un impatto di 11,2 miliardi sul debito pubblico così composti: 4,8 miliardi di effetto diretto, connessi al trasferimento a Banca Intesa (in compensazione per aver rilevato le “good banks”) e 6,4 di effetto indiretto determinato dalla riclassificazione delle passività delle due lca. Questi ultimi oneri sono da considerarsi permanenti al netto dei possibili recuperi dalle operazioni pianificate sui crediti a rischio o gli Npl.
Ieri la Commissione Ue, per bocca del suo portavoce, ha fatto sapere di aver «preso nota dell’impatto sui conti pubblici italiani dalla liquidazione delle due banche venete, come stima Eurostat in cooperazione con Istat», e che «valuterà la situazione di bilancio italiana a maggio, basandosi sui dati finali di Eurostat e sulle previsioni economiche di primavera». Secondo le regole europee, come ricordato sempre sul Sole24Ore di ieri, i costi del sostegno alle banche sono considerati una misura “una tantum” e quindi da escludere dal computo del saldo strutturale e del benchmark della spesa. Il che significa che la compliance dell’Italia ai parametri del braccio preventivo del Patto di stabilità non dovrebbe essere messa in discussione.
Dai conti di ieri risulta un leggero miglioramento dell’avanzo primario nell’ultimo trimestre 2017 (al 2,2% dal 2,1% del’anno prima). In dati grezzi l’avanzo primario ha chiuso l’anno sull’1,5% annuale, in linea con gli ultimi tre anni (era all’1,9% nel 2013). Negli ultimi 90 giorni dell’anno anche la pressione fiscale è calata di otto decimali (al 48,8%) mentre su base annua il prelievo fiscale s’è stabilizzato al 42,5% (contro il 42,7% del 2016, sempre in dati grezzi).
Dai saldi pubblici ai conti di famiglie e imprese, che Istat ha fornito in versione destagionalizzata. L’ultimo trimestre del 2017 s’è chiuso con un reddito disponibile delle famiglie in aumento dello 0,6% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,5%. Ne consegue una maggiore propensione al risparmio (8,2%, in aumento di 0,1), mentre il potere d’acquisto delle famiglie risultava in crescita dello 0,2%. La quota di profitto delle società non finanziarie, pari al 41,5%, è invece diminuita di 0,2 punti rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento, pari al 22,0%, è infine aumentato dello 0,8%.