Dopo un estenuante vertice di tre giorni, tra i più lunghi della storia comunitaria, i Ventotto sono finalmente riusciti ieri sera a trovare un accordo sui prossimi vertici comunitari. Delle quattro cariche, due andranno ad esponenti femminili: la presidenza della Commissione europea alla democristiana tedesca Ursula von der Leyen e la presidenza della Banca centrale europea alla francese Christine Lagarde. L’intesa deve ora essere fatta propria dal Parlamento europeo. Non sarà facile.
Oltre alle due signore appena citate, il quartetto prevede il Consiglio europeo al liberale belga Charles Michel e il ruolo di Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza al socialista spagnolo Josep Borrell. L’intesa preliminare – giunta sulla scia di un vertice straordinario, iniziato addirittura domenica pomeriggio – è stata il risultato di un delicatissimo esercizio di acrobazia politica.
Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk si è detto felice che il vertice comunitario sia ora rappresentato da due donne, «un obiettivo che mi ero prefissato». Mentre Ursula von der Leyen, democristiana tedesca di 60 anni, è ministro della Difesa del suo Paese dal 2013, Christine Lagarde, 63 anni, è attualmente direttrice generale del Fondo monetario internazionale, dopo essere stata nel pieno della crisi del 2008 ministro delle Finanze in Francia («Sarà una presidente molto indipendente», ha assicurato Donald Tusk).
Secondo le informazioni raccolte a margine del vertice, l’idea di proporre la signora von der Leyen alla guida della Commissione è stata del presidente francese Emmanuel Macron. La cancelliera Angela Merkel ha accettato (se ne è detta «felice»), ma ha preferito astenersi al momento del voto nel Consiglio europeo poiché la scelta non era stata decisa dalla Grosse Koalition che governa il Paese. Proprio a questo riguardo, la candidatura von der Leyen, la prima tedesca a presiedere la Commissione dagli anni 60, passerà ora al vaglio del Parlamento europeo.
Non è chiaro se e come l’accordo raggiunto ieri verrà accettato dai principali partiti politici che dovranno eleggere il nuovo presidente della Commissione a metà mese. Da Strasburgo, dove si sta riunendo il Parlamento europeo per la sua prima sessione plenaria dalle elezioni del maggio scorso, sono giunte voci critiche. «È molto chiaro – ha detto la deputata socialista polacca Tanja Fajon –. La maggioranza dei socialisti è contraria a questo accordo».
In questi tre giorni, i socialisti hanno visto sfumare la candidatura dell’olandese Frans Timmermans alla guida dell’esecutivo comunitario (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). L’intesa sta creando tensioni anche all’interno della Grosse Koalition in Germania. Mentre i Verdi europei hanno respinto il pacchetto di nomine, i popolari si sono detti «tristi per una decisione poco trasparente», che non rispetta il principio dello Spitzenkandidat, ma hanno annunciato che appoggeranno il pacchetto, «dimostrando responsabilità».
Il presidente Tusk aveva promesso equilibrio politico, di genere, ma anche geografico. Questo manca: tutti i candidati sono dell’Europa occidentale. «La nostra speranza – ha detto l’uomo politico polacco – è che ci sia un presidente del Parlamento europeo dell’Europa orientale, socialista per una metà del mandato e poi popolare per una seconda metà del mandato». Ieri sera l’ipotesi del socialista bulgaro Sergei Stanishev aveva provocato dubbi per il suo presunto coinvolgimento in scandali di corruzione.
«Penso di incoraggiare Ursula von der Leyen – ha aggiunto il presidente Tusk – a proporre un equilibrio geografico appropriato per la squadra dei suoi vicepresidenti, e se qualcuno mi chiede cosa significhi, credo che l’Europa dell’Est, centrale e l’Italia dovrebbero essere parte di questo processo». In una conferenza stampa sempre qui a Bruxelles, il premier Giuseppe Conte ha detto che l’Italia vorrebbe ottenere il portafoglio della concorrenza, un settore nel quale il Paese è stato al centro di numerose procedure di infrazione.
Infine, sempre il presidente Tusk ha ammesso che l’esito del voto parlamentare sulla candidatura von der Leyen è «un enorme punto interrogativo». Al tempo stesso un esponente comunitario notava ieri: «Bocciare la candidata tedesca significherebbe bocciare l’intero pacchetto di nomi e il successo di avere designato due donne ai vertici europei. Vorrà il Parlamento prendere questo rischio?».