Se tutto andrà bene, il Qe finirà il 31 dicembre con una graduale riduzione degli acquisti netti nell’ultimo trimestre dell’anno. La fine è alle porte ma resta ancora qualche “se” che potrebbe aver bisogno di ulteriori verifiche. “Se” la crescita resterà solida nonostante i recenti segnali di moderazione, “se” l’inflazione si confermerà in sostenibile ascesa verso il target vicino ma inferiore al 2% sul medio termine, “se” non vi saranno altre turbolenze improvvise e fortemente destabilizzanti come il rischio dello scoppio di una guerra commerciale e il ritorno del contagio e dei trades sulla reversibilità dell’euro.
Tutto deve quadrare per far sì che il Consiglio direttivo riscontri in via definitiva quell’ «aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi coerente con il proprio obiettivo di inflazione»: solo così il programma degli acquisti netti di attività finanziarie iniziato dalla Banca centrale europea nel marzo del 2015 cesserà a fine anno, dopo una graduale riduzione degli importi mensili, un tapering che potrebbe prendere la forma di 15 miliardi in ottobre, 10 in novembre e 5 in dicembre. Tenuto conto «dell’attuale ritmo mensile di 30 miliardi di euro, sino alla fine di settembre 2018 o anche oltre se necessario». E gettando un occhio ora alle mosse della Federal Reserve ora alle secche nel serbatoio dei titoli di Stato idonei, “eligible” per il Qe europeo.
Sia pur delineando una via di uscita del Qe già oggi, dunque, la Bce di Mario Draghi potrebbe decidere di lasciarsi una porta aperta, ovvero, di non impegnarsi fin da ora nel fissare quella data inderogabile che fa scattare in automatico la fine dell’Asset purchase programme da 2.500 miliardi. Sono queste le complessità sulle quali si confronterà il Board della Bce, che oggi, riunito a Riga, per la prima volta discute su come e quando mettere fine al Qe. I mercati si aspettano qualche novità, fors’anche grandi novità, già oggi e le aspettative, tra l’altro alimentate e create dalla stessa Bce, non potranno essere del tutto disattese: tuttavia, l’arte del banchiere centrale è anche quella di saper alimentare continuamente le aspettative per tenere il mercato sulla corda. Così sarà comunque con la forward guidance su quei tassi bassi «per un prolungato periodo di tempo ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività». E lo stesso per il reinvestimento del capitale rimborsato dei titoli di Stato che scadono, «per un prolungato periodo di tempo dopo la conclusione degli acquisti netti».
Sebbene i falchi del Consiglio direttivo premano per chiudere il rubinetto del Qe, le colombe restano fedeli alla strategia della prudenza e della pazienza fino a quando possibile. Inutile sparare tutte le cartucce oggi, è la tesi attendista: non c’è motivo di rinunciare fin da giugno all’ultimo colpo in canna, avendo a disposizione un’altra finestra alla riunione del Board del 26 luglio a Francoforte. Un’apertura che cade a ridosso di un mese notoriamente turbolento come agosto ma per la quale il terreno verrà ben spianato oggi.
I colpi di scena all’ordine del giorno spiegano la prudenza della Bce, se oggi confermata pur avviandosi sul viale del tramonto del Qe. L’amministrazione Trump ha rispolverato il protezionismo adombrando la ripresa globale con il rischio dello scoppio di una guerra commerciale. E il nuovo governo italiano, populista ed euroscettico fino a prova contraria, ha fatto riesumare lo spettro della reversibilità dell’euro, tornato ad aleggiare sull’Eurozona. La turbolenza italiana, per quanto rientrata dalle punte massime, ha lasciato il segno nelle aste ieri, con i BTp a 3, 7 e 30 anni collocati a rendimenti in netta risalita rispetto al mese precedente, nel caso del triennale su livelli che non si vedevano dal 2014. Oltre all’impennata esasperata sulla parte a breve della curva dei rendimenti italiana, persino il contagio ha rialzato la testa nei giorni scorsi, quando è cresciuto lo spread dei titoli di Stato di tutti i Paesi dell’Eurozona contro i Bund. Scossoni che a lungo andare possono minare la fiducia e quindi alla distanza indebolire una crescita che ha già scavalcato il picco.