«Ma lo sa che non vedo nessuno in giro. Non c’è nessuno per le strade, sento solo le voci che rimbalzano fuori dalle finestre aperte». Ilvo Diamanti risponde al cellulare mentre sta facendo una passeggiata («Rispetto il limite dei 200 metri, eh», dice mentre più o meno in contemporanea Luca Zaia lo autorizza a spingersi un po’ più in là) col volto protetto dalla mascherina. Da politologo, oltre che docente all’università di Urbino, ha spesso capito in anticipo dove l’Italia andava a parare. Ha raccontato l’ascesa della Lega Nord di Bossi, poi soppiantata dalla Lega nazionale di Salvini con l’intermezzo breve e fulminante dell’evoluzione da Pd a Pdr dei democratici plasmati e poi abbandonati da Renzi.
E adesso che il sistema liberaldemocratico è stato di fatto sospeso dall’emergenza coronavirus dove andremo a parare?
Adesso facciamo i conti con una minaccia incombente e imprevedibile. Peraltro senza poter individuare il nemico. Me ne accorgo mentre sto camminando intorno a casa: le regole sono sospese.
È una guerra?
No, il paragone è sbagliato. In guerra non si esce, in guerra salta tutto, non ci sono ordinanze da rispettare. Diciamo piuttosto che siamo tutti agli arresti domiciliari con un tenue diritto all’ora d’aria.
Aggrappati a Conte?
In tutte le mie ricerche ho sempre visto che la fiducia nelle istituzioni è strettamente collegata alla fiducia negli altri. E questa dipende dalle relazioni che hai con gli altri.
Già, peccato che adesso gli altri non ci siano proprio. Ma gli italiani, secondo lei, vogliono l’uomo forte o finiranno con il ribellarsi allo stop forzato delle libertà?
In questo momento gli italiani hanno bisogno qualcuno di cui fidarsi. Ma in questo caso non è la fiducia negli altri che genera questo bisogno, bensì è la paura a generare una domanda di autorità.
È questo che ha portato ai massimi l’indice di gradimento del premier Conte?
A livello nazionale il presidente del Consiglio, stando alle mie ultime rilevazioni, ha superato il 71 per cento. E le tante bandiere d’Italia che si vedono sventolare non denotano nazionalismo ma bisogno di unità.
Nell’ultima ormai abituale apparizione via Facebook e in diretta su tutte le tv nazionali, però, è uscito un po’ dal seminato e ha sparato su Salvini e sulla Meloni.
Questa è stata una scivolata ma se si votasse oggi Conte e questo governo vincerebbero. Ma non solo Conte. Anche Luca Zaia, e parlo di un sondaggio nazionale, ha superato in popolarità il suo capo Matteo Salvini.
Ahi, aria di scontro nella Lega?
No, il punto è che chi ha le leve di governo in mano adesso gode di una rendita di posizione invidiabile. L’opposizione fa fatica a far passare il suo messaggio.
Giochi fatti, quindi?
No, per niente. Quel che vale oggi non è detto che valga domani. Dipende quanto dura l’emergenza. Alla fine le parti rischiano di invertirsi. La dimensione del tempo cambia.
Lei ha seguito la crescita del Nord Est, diventato un modello studiato nel mondo. Ora molte fabbriche sono chiuse e tra sindacati e imprenditori il clima non è dei migliori. Che succede?
Il problema vero è questo. Vicenza e il Veneto hanno costruito il successo economico e industriale sull’export, sui mercati. Nel momento in cui chiudi tutto è ovvio prevedere che questo lockdown finirà col lasciare segni profondi. Questa è una realtà dove il benessere affonda le radici nelle piccole imprese, collegate col territorio e con un welfare naturale affidato alle famiglie, ai corpi intermedi, alle associazioni. La verità è che abbiamo bisogno di immaginare il futuro.
Il problema è che il futuro adesso è congelato. Che prezzo pagheremo?
Il primo problema è il futuro dei figli. I giovani sono il nostro futuro, è quando viene meno questa prospettiva rischiamo di essere una società di eterno presente.
Qualcuno sostiene che l’occidente abbia già perso la sfida, che il modello efficiente della Cina sia preferibile, che il piglio autoritario della Russia andrebbe importato. Siamo a questo punto?
La Cina? La Russia? Ma siamo sicuri di sapere veramente cosa è accaduto in Cina e cosa sta accadendo in Russia? Siamo sicuri che a Wuhan il numero di morti sia corretto e che il virus sia stato debellato? Là tutto è controllato.
In Italia, Regno Unito e Usa invece…
Questa lunga clausura erode alla radice la società. Ma in democrazia c’è libertà d’informazione. Ci sarà qualche deficit nei processi decisionali, ma non c’è paragone. Noi siamo abituati ad arrangiarci e ne usciremo.