Al mattino il tour elettorale tra i banchi del Villaggio Coldiretti e, a sera, Luigi Di Maio è nella sua Napoli, inseguito dagli echi della polemica per le sue parole contro Espresso e Repubblica.
La bocciatura della manovra non la preoccupa?
«No. Sapevamo che questa misura economica non sarebbe piaciuta, ma tra sei mesi questa Europa sarà finita».
E poi? Andrete avanti con il piano B e l’uscita dall’euro?
«Non c’è nessun piano B. L’appartenenza all’Unione europea non è in discussione così come non lo è l’uscita dall’euro. È la Commissione che ha sei mesi di vita, dopodiché nessuno di questi soggetti farà più il commissario».
Ma le regole resteranno le stesse. Continuerete a non rispettarle, rinviando il pareggio di bilancio?
«Ci sarà in tutti i Paesi un tale terremoto contro l’austerity che le regole cambieranno il giorno dopo le elezioni. Ma il piano B non esiste, questa manovra noi la vogliamo discutere con le istituzioni europee. Loro non sono d’accordo con il nostro livello di deficit, però se è vero che sono aperti al dialogo anche noi lo siamo. C’è tutta la volontà di spiegare la manovra del popolo, che ripaga la gente di tanti torti e ruberie».
Lei concorda con l’idea dei mediatori Conte e Giorgetti, di cambiare la manovra in Parlamento per ridurre la soglia di deficit ora al 2,4%?
«Con il premier mi confronto sempre e siamo d’accordo. Non so se Giorgetti ha cambiato idea. Ma a me interessa l’opinione di Salvini, con il quale ci siamo detti che non si torna indietro. Se andiamo in Parlamento con l’idea di cambiare il 2,4 di deficit, gli squali sentono il sangue e azzannano. Non c’è un piano alternativo».
Per Juncker, lei e Salvini usate un linguaggio sconcio.
«Non sono nato ieri. Presidente e commissari sono in campagna elettorale e rappresentano partiti in enorme difficoltà, che si sono messi in testa di fare l’asse antipopulista con Pd e Forza Italia. Ma il 4 marzo hanno perso e gli italiani non li seguono. La nostra manovra vale 40 miliardi, supera la legge Fornero, dà il reddito di cittadinanza e abbassa le tasse alle imprese. Non è populismo, è un governo che mantiene le promesse».
E dove sono le coperture? Mancano 5 miliardi.
«Non è vero che i soldi non ci sono. Anche il governo Renzi fece il deficit al 2,4%, la novità è che lo facciamo noi».
Non teme neanche che i grandi fondi di comprare i Btp, se Moody’s e Standard&Poor’s declasseranno il debito italiano?
«Non so se avverrà, non ho notizie. I fondi non ti comprano se i titoli diventano spazzatura e noi non siamo a quel punto. Il declassamento c’è stato anche con Letta e Renzi e non dipende dalla manovra che fai, ma dall’andamento generale del Paese».
Ha messo in conto i miliardi di interessi in più sul debito e il rischio di una recessione innescata dallo spread?
«Ho letto che dovevamo arrivare a 400 lunedì dopo aver approvato il deficit al 2,4%, ma non è avvenuto. Quando hanno visto che lo spread restava sotto quota 300 hanno cominciato a sparare a pallettoni contro l’Italia. Gli è andata male. Da quando il governo è iniziato lo spread è passato da 120 a 250 e si è sempre mosso tra 250 e 300».
Ci vede un complotto?
«No, dico che il problema vero è il governo in quanto tale. L’unico modo per calmare i mercati sarebbe che noi andassimo a casa, ma chiedete agli italiani se lo vogliono».
Avanti a dispetto di Quirinale e Banca centrale europea, che temono facciate saltare i conti?
«So che la visita di Draghi era prevista da tempo e non credo che il presidente si metta a mandare messaggi di preoccupazione utilizzando l’incontro con la Bce. Non lo dico in contrapposizione con Mattarella, ma il governo deve realizzare le promesse».
Ridurrete la platea dei beneficiari e i 780 euro del reddito di cittadinanza?
«Parliamo di sei milioni di italiani sotto la soglia di povertà relativa o assoluta. È una misura seria che innescherà la crescita. Ma poiché sono stufo di facili ironie farò conoscere tutti gli strumenti insieme. Vedremo se servirà un testo collegato, o un decreto dove inserire tutto quello che non entra nella manovra».
Non è troppo esultare per aver «sconfitto la povertà»?
«No, è una delle più grandi misure per i giovani, i pensionati e tutti coloro che sono sotto la soglia di povertà relativa. Forse povertà non è il termine esatto, perché tanti credono di non essere poveri. Magari lavorano, ma non arrivano a fine mese. Se guadagnano 500 euro, gli daremo la differenza per arrivare a 780».
Molti hanno riso delle sue «spese immorali», vuole correggere la definizione?
«Mi riferivo al gioco d’azzardo, piaga sociale che combattiamo senza sosta».
Farete il rimpasto? Si parla di Di Battista agli Esteri, Savona al posto di Tria e Toninelli e Grillo fuori…
«Nessun rimpasto. Chiesi ad Alessandro di fare il ministro, ma lui stava partendo e non volle. Né da parte mia, né da parte sua, c’è la volontà di sostituire alcun ministro».
Non fate un po’ troppe feste tra balconi e barconi?
«Noi non brindiamo alla faccia della gente, come altri in passato. Abbiamo festeggiato quando abbiamo trovato i soldi anche per le pensioni a quota 100 e i truffati delle banche. E sono felice perché, dopo Ilva, è finita bene anche la vertenza Beakert. Sul Corriere promisi che avrei reinserito la cassa integrazione per cessazione e adesso i 318 lavoratori hanno 12 mesi in attesa del nuovo proprietario».