La gelata del Pil che gonfia il deficit ipoteca i due miliardi congelati a dicembre. L’attivazione della clausola sulla spesa è destinata a tagliare per quest’anno una serie di voci soprattutto a carico dei ministeri dell’Economia (1,18 miliardi, tra cui 916 milioni destinati a «competitività» e «incentivi» alle imprese) e delle Infrastrutture (300 milioni per il trasporto locale). Ed è considerata inevitabile per tamponare un disavanzo spinto al 2,4% del Pil da una crescita tendenziale dello 0,1%.
La mossa, che per il governo esclude altre manovre correttive, è entrata anche nel confronto di venerdì fra il ministro dell’Economia Giovanni Tria e i commissari Ue Pierre Moscovici (Affari economici) e Valdis Dombrovskis (vicepresidente). E lo stesso Dombrovskis ieri è tornato a suonare l’allarme sulla congiuntura italiana spiegando che la crescita di quest’anno «potrebbe essere più bassa» dello 0,2% calcolato da Bruxelles a febbraio. Quindi, ha aggiunto, «le clausole dovrebbero essere attivate».
Il dossier sui due miliardi in queste settimane è stato al centro di vari tavoli, compreso quello alla ricerca delle coperture per il decreto crescita. Decreto ancora aperto, in vista del consiglio di martedì che dovrebbe approvarlo definitivamente. E proprio dall’assetto finale di tagli fiscali e coperture dipenderà l’effetto «espansivo» che il provvedimento potrà avere sul quadro programmatico del Def. Il calendario di domani prevede una serie di vertici tecnici e politici per prendere le ultime decisioni su misure e numeri del programma. Numeri su cui peseranno anche i dati attesi dall’Istat su conti economici nazionali, Pil e indebitamento Pa 2018 e produzione industriale di febbraio. Questi dati torneranno a spingere al rialzo anche il debito; il suo peso è già stato ritoccato per il 2018 al 132,1% del Pil dal 131,7% calcolato a fine anno, ma la ridefinizione del perimetro della Pa che si allarga a Rete ferroviaria italiana, Ferrovie Nord e a una serie di finanziarie regionali (Lombardia, Piemonte, Trentino, Abruzzo, Val D’Aosta) insieme alla frenata dell’economia porterà fino a 8 decimali in più rispetto ai “vecchi” livelli di partenza. Per quest’anno, la dinamica del debito rimane agganciata al piano straordinario di privatizzazioni da 18 miliardi che sarà ribadito fra i programmi del governo insieme al programma di dismissioni extra da 950 milioni da rilanciare anche con la revisione delle concessioni pubbliche. L’attuazione resta complicata, ma soprattutto la conferma delle privatizzazioni (già inserite nel tendenziale) è indispensabile per non ufficializzare nel Def una strada risalita del debito a perimetro Pa costante.
Anche perché sulla crescita l’ingresso della Germania nel campo dello «zerovirgola» prospettato dagli ultimi dati su ordini e manifattura tedesca non aiuta. E al ministero dell’Economia si punta a evitare una nuova battaglia con Bruxelles su stime di crescita a forte rischio smentita in breve tempo. I primi numeri presentati venerdì da Tria a Bucarest sono apparsi più realisti agli occhi dei vertici comunitari rispetto alle tabelle, basate su un +1,5% apparso presto irraggiungibile, che avevano innescato lo scontro sulla manovra. Ma nell’agenda italiana della politica c’è l’esigenza di staccarsi dalla linea piatta tracciata dalla congiuntura. Il decreto crescita e lo sblocca-cantieri più di 1-2 decimali di Pil non possono offrire, anche perché avranno effetto a regime solo sulla seconda metà dell’anno. Ma da Lega ed M5S si punta ancora a valorizzare possibili spinte delle misure inserite in conversione al decretone su reddito e pensioni, a partire dallo sblocco del Tfs dei dipendenti Pa che per il Carroccio può portare fino a 7 miliardi in più nell’economia reale.
La pressione giallo-verde su Via XX Settembre torna a manifestarsi anche sugli interventi da mettere in programma con il Def. La Lega attacca sulla Flat Tax, che nel calendario di Tria sarà affrontata solo a ottobre con la legge di bilancio. Ma «non è tempo di timidezze e di paure», ribatte da Cernobbio Armando Siri, consigliere economico di Salvini e sottosegretario alle Infrastrutture. La Flat Tax, già comparsa insieme all’Ires al 20% nelle bozze del programma nazionale di riforma da allegare al Def con l’ipotesi di aliquota al 15% per i redditi fino a 30mila euro, deve esserci perché «ha un costo iniziale ma funziona come antibiotico contro la recessione». Antibiotico che deve trovare coperture strutturali, perché i tendenziali 2020 includono 23,1 miliardi di Iva. E tra clausole e spese obbligatorie la base di partenza della manovra già viaggia verso i 30 miliardi.