Con tutta onestà non vorrei essere nei panni dei parlamentari della maggioranza che saranno chiamati nei prossimi giorni a dar il loro voto per trasformare in legge il Decreto Dignità. E il motivo è semplice: la relazione tecnica che accompagna l’articolato del nuovo provvedimento prevede per il solo effetto delle nuove norme la scomparsa di 8 mila posti di lavoro l’anno per i prossimi dieci anni.
E quindi sarà la prima volta che le Camere approveranno un provvedimento di espulsione dal mercato del lavoro di migliaia di persone. Dal promettere berlusconianamente il famoso milione di posti siamo arrivati al suo contrario, introdurre una legge per tagliare l’occupazione.
Come si spiega questo paradosso della politica e dei nuovi governanti?Con tutta probabilità a chiedere di introdurre la «postilla della verità» nella relazione tecnica saranno stati la Ragioneria generale dello Stato e l’Inps che hanno tratto le conseguenze del decreto. Rendendo impossibile protrarre oltre i 24 mesi i contratti a termine ben 80 mila rapporti di lavoro non avranno più campo ed è facile prevedere che almeno il 10% di essi — stima assai prudenziale! — non sarà rinnovato. È il frutto dell’ideologia dell’economia punitiva che il neo-ministro Luigi Di Maio ha deciso di portare avanti.
Per combattere le disuguaglianze la mossa più sicura è ammazzare i disuguali. Nel caso specifico poi l’ideologia — vecchia nemica del lavoro — è sorella dell’inesperienza perché volendo colpire modalità troppo lunghe di lavoro a termine si sarebbe dovuto prevedere uno scivolo per traghettare il lavoratore verso un posto fisso. Di Maio però non aveva le coperture per costruire quest’operazione e il risultato si è rivelato un autogol.
La verità è che il mercato del lavoro italiano ha subito negli ultimi anni una trasformazione strutturale di cui conosciamo solo in parte le dinamiche tanto che gli economisti più attenti si rompono la testa per quadrare il cerchio tra economia veloce e qualificazione del lavoro. Ma Di Maio dovendo tallonare la popolarità di Matteo Salvini non poteva perder tempo e ha saltato a piè pari questo dibattito.