Il debito pubblico italiano tocca un nuovo primato e a gennaio raggiunge quota 2.358 miliardi di euro. L’aumento rispetto all’analogo mese del 2018 è di 72 miliardi, il balzo del 3,14% è superiore alle variazioni registrate negli ultimi quattro anni nel medesimo periodo gennaio-gennaio. Per cogliere l’accelerazione dei debiti delle pubbliche amministrazioni basta un confronto con quanto capitato tra il primo mese del 2017 e gennaio 2018, un arco temporale che ha visto lievitare il debito italiano di 35 miliardi. Meno della metà dei 72 miliardi registrati nell’ultimo anno. A certificare il ritmo di crescita record è Bankitalia, segnalando che l’incremento di 44 miliardi evidenziato tra il mese di dicembre 2018 e lo scorso gennaio è dovuto principalmente alle maggiori disponibilità liquide (circa 80 miliardi) del Tesoro. L’analisi di Palazzo Koch si sofferma anche sui sottosettori: i debiti degli enti di previdenza e delle amministrazioni locali rimangono pressoché stabili, mentre aumentano nelle amministrazioni centrali.
A fronte dell’ennesimo balzo del debito italiano a segnare il passo è l’inflazione che nel mese di febbraio mostra «una crescita dei prezzi al consumo che resta debole e al di sotto del mezzo punto percentuale». I dati dell’Istat segnalano un aumento dell’inflazione rispetto al mese di gennaio dello 0,1%, su base annua la stima di crescita dell’indice dei prezzi al consumo per la collettività si ferma all’1% (la stima preliminare era +1,1%). Il decimo di punto segnato in febbraio dall’inflazione è in buona parte dovuto all’aumento dei prezzi dei beni alimentari non lavorati (+1,3%).
La debole crescita dei prezzi è il riflesso di un’economia che fatica, a testimoniarlo il confronto italiano con il tasso di inflazione dell’Eurozona, che a gennaio è cresciuto su base mensile dall’1,4 all’1,5%. L’aumento, seppure contenuto, segna un rialzo dopo una serie di ribassi che avevano allarmato la Bce. L’indice dell’inflazione italiano resta, insomma, tra i più bassi in compagnia di Portogallo, Spagna, Grecia, Croazia e Cipro, paesi dove il costo della vita nell’ultimo anno è cresciuto tra lo 0,8 e l’1%. A distanza, dunque, da Germania e Francia, che hanno tassi rispettivamente all’1,7 e all’1,6%. Sul versante italiano le voci che spingono l’inflazione nell’ultimo anno sono i beni alimentari (+1,7%), i beni per la cura della persona e della casa (+1,6%), ossia i prodotti a largo consumo che compongono il cosidetto carrello della spesa. Risultano stabili o in diminuzione i prezzi di beni di abbigliamento e calzature (+0,1%), mobili e arredi (+0,2%), servizi di comunicazione (-6,2%), biglietti per spettacoli, eventi culturali e ricreativi (-0,3%). In testa alle città dove l’indice dei prezzi cresce di più figurano Bolzano e Bologna, entrambe a +1,5%, Roma e Milano segnano rispettivamente +1,1 e +1%. Debole la crescita di Firenze (+0,3%), Venezia è in deflazione (-0,3%).
L’Istat ieri ha comunicato anche i dati su fatturato e ordinativi dell’industria nel mese di gennaio, entrambe le voci sono in aumento su base mensile dopo la pesante frenata registrata nel dicembre scorso. A trainare i ricavi dell’industria italiana è la domanda dai mercati esteri, che concorre al +3,1% su base congiunturale e al +0,6% su base annua. Gli ordinativi sono cresciuti da dicembre a gennaio dell’1,8%. Nell’ultimo anno i settori che crescono maggiormente in termini di fatturato sono i macchinari (+8,8%) e i prodotti di elettronica e biomedicali (+5,9%).