La delegazione europea riparte da Davos nell’idea di aver evitato il pericolo imminente più concreto: una nuova ondata di dazi statunitensi che sarebbero stati annunciati già dal prossimo mese, dopo quelli su 7,5 miliardi di dollari già decisi in ottobre. Una tregua, benché fragile e precaria, è il risultato dei colloqui fra la Commissione europea e la delegazione della Casa Bianca a Davos per facilitare il percorso di un negoziato commerciale più ampio nei prossimi mesi. L’amministrazione americana può legalmente lanciare una nuova stretta sulle importazioni dall’Unione europea: l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ha già deciso in via definitiva che alcuni sussidi versati al consorzio aeronautico Airbus – partecipato da Francia, Germania e Spagna – danno un diritto di ritorsione sull’Europa agli Stati Uniti. Ma chi gli ha chiesto ieri circa la prospettiva di una nuova stretta, il commissario Ue al Commercio Phil Hogan ha risposto nettamente: «Non prevedo dei dazi, spero che potremo raggiungere un compromesso. Preferiamo negoziare un accordo equilibrato e lasciarci alle spalle l’imposizione di dazi».
Hogan è stato a Washington nei giorni scorsi e a Davos ha partecipato a un incontro fra Donald Trump e Ursula von der Leyen. Vertice che non si è limitato a una prima presa di contatto fra i due. Il presidente degli Stati Uniti e la presidente tedesca della Commissione, ha spiegato ieri Hogan a un gruppo ristretto di media internazionali, hanno delineato la strada per un negoziato complessivo che di fatto fra Washington e Bruxelles si è già aperto. Trump vuole entrare nella campagna delle presidenziali di novembre sbandierando agli elettori nuove concessioni strappate all’Europa, dopo l’accordo di «fase uno» con Pechino. Von der Leyen e Hogan, ma soprattutto Germania, Francia e Italia, hanno fretta di rimuovere la minaccia di dazi americani che nel 2019 ha contribuito a frenare gli investimenti e la crescita nell’area euro.
«Stiamo cercando di rinnovare una nuova agenda comune sul commercio – ha detto ieri Hogan del vertice di Davos fra Trump e Von der Leyen –. Il primo incontro è stato costruttivo». Secondo il commissario Ue irlandese, che da pochi mesi ha preso il posto della svedese Cecilia Malmström, i due presidenti con le loro squadre non si sono limitati a generici cenni alle questioni che li dividono. «Abbiamo parlato di quali sono i nuovi elementi che si possono portare al tavolo per permettere una de-escalation», ha spiegato ieri Hogan. «Tutti erano fortemente dell’opinione di negoziare».
Niente di tutto questo dissipa le tensioni anche perché Trump, osserva un ministro europeo in questi giorni a Davos, resta imprevedibile. Con lui la Casa Bianca si è già dimostrata pronta a mettere sul tavolo la pistola di dazi sempre nuovi, specie sull’industria dell’auto, per piegare l’avversario e costringerlo a un accordo. Ma il clima fra Washington e Bruxelles sembra cambiato. Trump prende sul serio la tedesca von der Leyen più di quanto non facesse con il suo predecessore lussemburghese Jean-Claude Juncker. L’irlandese Hogan cerca i terreni d’intesa, anziché impartire agli americani lezioni sul libero scambio come faceva prima la svedese Malmström. E la resistenza all’arrivo di beni agricoli americani posta dalla Francia in parte può venir meno. «Sull’import di soia, grano e gas naturale dagli Stati Uniti possiamo fare di più – ha riconosciuto Hogan –. Adesso fin dai prossimi giorni dovremo buttare giù un programma per entrare nel vivo nelle trattative».
I temi caldi restano gli stessi: oltre ai prodotti agricoli e al gas liquefatto americano, i dazi sulle auto che restano più alti in Europa che negli Stati Uniti e – in un negoziato parallelo, ma collegato – la fuga dei profitti dei colossi tecnologici verso i paradisi fiscali. Di certo anche l’Europa adesso ha fretta: «Vogliamo andare avanti rapidamente – ha aggiunto ieri Hogan con una punta di ottimismo – per chiudere entro qualche settimana, o almeno entro qualche mese».