Un approccio alla sostenibilità a tutto tondo. Nei suoi quasi quarant’anni di attività, Davines Group ha caratterizzato gli ultimi quindici da una grande attenzione per il suo impatto ambientale. Ma questo non significa che gli affari siano stati tralasciati, anzi: nel giro di sei anni, tra il 2013 e i 2019, il fatturato è stato più che raddoppiato, superando i 160 milioni di euro e mantenendo, allo stesso tempo, un’incidenza del margine operativo lordo sui ricavi superiore al 13%.
Fondata nel 1983 a Parma dalla famiglia Bollati come laboratorio di ricerca e produzione di prodotti cosmetici professionali, l’azienda sceglierà di concentrarsi sulla distribuzione a marchio proprio già nei primi anni Novanta, rivolgendosi sia al mercato interno che a quelli internazionali. E il forte riscontro dall’estero l’ha portata ad essere presente in più di 96 Paesi nel mondo, raggiunti grazie ad una rete di distributori e alle sue filiali estere sparse tra Americhe, Europa e Cina.
È nel 2005, con la redazione della Carta Etica, che inizia l’impegno sul fronte della sostenibilità. Da quel momento, gli investimenti dell’azienda si sono concentrati, oltre che sul ricercare ingredienti di origine naturale, sul compensare la Co2 emessa dalla produzione e nel rendere i suoi stabilimenti e uffici carbon-neutral. E grazie agli ottimi risultati raggiunti su questi fronti, e alla conversione in società benefit, l’azienda è stata inserita più volte tra le B-corp.
Probabilmente è questa la chiave in cui va letta la resilienza di Davines Group nel 2020, l’anno nero della cosmetica italiana. Facendo fronte ad una sempre maggiore domanda di prodotti sostenibili, i conti del gruppo riescono ad attestarsi a circa 153 milioni di euro, con una flessione del solo 6% sul 2019. Tutto questo in un settore che, mediamente, di fronte alla crisi pandemica ha subìto perdite del 30%.