Renzi contro tutti. Contro il Pd. Contro il premier Conte che «dovrebbe andare al Copasir e spiegare tutto sulla spy story di questi giorni». Contro la manovra economica che non va, proponendo di trasferire il taglio del cuneo fiscale alle famiglie. Non basta Lorenzo Guerini, che invita tutti «a misurare le parole e invoca responsabilità da parte di tutti», non basta il segretario Nicola Zingaretti secondo il quale «la leadership in questo momento drammatico non si misura sulle polemiche ma sulle capacità di produrre unità». Non basta nemmeno Luigi Di Maio che invita tutti «a non fare annunci, ma a fare le cose e solo dopo annunciarle».
Il problema è che di unità se ne vede ben poca, di polemiche molte di più. È Renzi ad agitare la giornata: esclude di voler far cadere il governo ma chiede al premier e al Pd di «lavorare tutti assieme per tornare alla crescita». «Noi non siamo contro il governo ma siamo contro l’aumento delle tasse». E sulla legislatura: «Per noi dura fino al 2023. Se qualcuno vuole interromperla se ne prenderà la responsabilità». Andrea Orlando, vicesegretario del Pd, non lo accetta. Dal palco Dems di Rimini è categorico: «Un ultimatum lanciato dal Papeete non è peggio di uno lanciato dalla Leopolda». Segue una serie di reazioni che dividono anche il Pd. «Paragonare la Leopolda al Papeete è un errore madornale che fa male, non solo a chi l’ha detto, ma a tutta la comunità del Pd», scrive su Twitter Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati.
Insomma la polemica fra Pd e Italia viva non si placa, si rinnova ogni giorno con un argomento in più, «prima della scissione nel Pd si litigava su Renzi. Dopo la scissione si litiga con Renzi. Non mi pare una strategia geniale», osserva Matteo Orfini, ex presidente del Pd. Ma il vero affondo di Renzi arriva a metà giornata dagli studi di Lucia Annunziata: «Orlando lo vedo un po’ agitato. Dovrebbe almeno conoscere uno dei due posti e siccome la Leopolda non la conosce spero sia andato almeno al Papeete a rilassarsi».
Renzi punta il dito anche contro il presidente del Consiglio: «È giusto che Conte vada al Copasir e spieghi tutto sulla spy story, modello fiction americana» che ha coinvolto il ministro della Giustizia Usa, William Barr, «venuto a incontrare segretamente il capo del Dis Vecchioni». «I servizi segreti italiani — aggiunge — vanno messi in condizione di lavorare perché da loro dipende la vita dei nostri connazionali rapiti all’estero, delle operazioni di contro-proliferazione del terrorismo e sono in stragrande maggioranza degli straordinari professionisti. Aisi e Aise sono professionisti eccezionali. Personalmente penso che il presidente del Consiglio, in generale e nello specifico quello di adesso, farebbe bene a dare la delega dell’Autorità delegata ai Servizi». Infine la staffilata finale: «Suggerisco, nell’interesse del presidente del Consiglio, di avere un signor professionista che si occupi di queste cose. e di non metterci sempre lui in mezzo». Forza Italia parla di «silenzio assordante di Conte».