Il nuovo viaggio compiuto da L’Economia insieme all’Ufficio studi di ItalyPost, concluso su queste pagine lunedì scorso, è sì un viaggio breve: quattro tappe, una per ciascuno dei macro-settori più rappresentativi dell’industria manifatturiera italiana. Nel contempo, è un viaggio assai istruttivo tra i Champions del Made in Italy, che insegna molto di questa piccola-grande élite manifatturiera: piccola nei numeri assoluti (in tutto 120 imprese, con fatturati compresi fra i 20 e i 500 milioni), ma grande per la sua capacità di mettere a segno incrementi a doppia cifra, e per sei anni di fila, nei ricavi, negli utili, negli investimenti, nella capacità di autofinanziamento. Il risultato è un giro d’affari complessivo 2018 di 18 miliardi di euro, che significa una dimensione media di 150 milioni: e di imprese dalle spalle più larghe il capitalismo italiano ha un gran bisogno.
Gli insegnamenti, dicevamo. Innanzitutto, la distribuzione geografica complessiva delle Top 120 – 30 per ciascun settore: meccanica, chimica-farmaceutica, sistema moda, alimentare – conferma la forza del nuovo Triangolo industriale nell’economia italiana: il 60% delle aziende ha il proprio quartier generale fra Lombardia (35 imprese), Emilia-Romagna (22) e Veneto (16).
Se la Lombardia primeggia, il «modello emiliano» guadagna posizioni sul quello del Veneto. Prendiamo la Top30 della meccanica, in tutte le sue raffinate specializzazioni: sia nel numero (otto contro quattro) che nel fatturato complessivo (1,5 miliardi di euro contro un miliardo) le imprese emiliano-romagnole superano in graduatoria quelle venete. Ora, la capacità di «ricombinare» tecnologie – per dirla con gli studiosi del Mit di Boston – è una caratteristica essenziale di Industry 4.0: meccanica ed elettronica sono già un tutt’uno, da anni, lungo la Via Emilia, e partendo da lì la nuova frontiera della trasformazione digitale non è così lontana.
In secondo luogo, la leadership del nuovo Triangolo è particolarmente significativa proprio nella metalmeccanica (25 imprese su 30) e nella chimicafarmaceutica (20 su 30, di cui ben 15 nella sola Lombardia). Più diffuse su tutto il territorio nazionale sono invece le piccole e medie imprese Top che operano negli altri due macro-settori: fashion (il Triangolo ne ha 12 su 30, il Veneto è il leader con cinque aziende ) e alimentare-bevande (16 su 30, con l’Emilia-Romagna in posizione di guida grazie a nove imprese).
Terzo punto: la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica rappresentano, nel modo di comportarsi di questa élite imprenditoriale, leve competitive imprescindibili in tutti e quattro i macro-settori. Certo, è particolarmente vero nella meccatronica e nella farmaceutica, ma nessuna industria è slegata dalle grandi traiettorie tecnologiche del nostro tempo (si pensi all’information technology e alle scienze della vita), come emerge dalle testimonianze raccolte da L’Economia fra i più grandi gruppi imprenditoriali del Paese per offrire ai Champions del sistema Pmi una sorta di «guida alla crescita». Da Alberto Bombassei (Brembo) a Fulvio Renoldi Bracco (Bracco Imaging), da Carlo Mazzi (Prada) a Francesco Pugliese (Conad), tutti hanno sottolineato l’importanza di investire in Ricerca & Sviluppo e di porre una sempre crescente attenzione alla sostenibilità ambientale.
Il quarto insegnamento del viaggio è una lezione antica, ben testimoniata dai Champions: le imprese sono fatte per crescere. Sperimentando e innovando riescono a conquistare quote di mercato significative sui mercati internazionali: ciò avviene dapprima con le esportazioni, naturalmente, ma nel corso del tempo l’obiettivo strategico deve essere quello di investire direttamente all’estero.
Da qui, una quinta e ultima lezione: crescita interna (via nuovi investimenti) e crescita esterna (via fusioni e acquisizioni) sono fra loro complementari, ed entrambe le strategie devono essere utilizzate per procedere speditamente lungo la via del consolidamento dimensionale dell’industria italiana.
* Professore di Economia e politica industriale, Università di Parma, L’Economia, 2 dicembre 2019