Al ministro dell’Istruzione qualcuno ha chiesto al Forum Ambrosetti: «Mangerà il panettone?». Lorenzo Fioramonti ha risposto che a lui piace il pandoro. Ieri però nella sala di Villa d’Este Marco Simoni, il presidente di Human Technopole, ha diagnosticato di quale malattia sia affetto il suo e qualunque altro governo in Italia: la tirannia del breve periodo; la pressione a produrre subito risultati tangibili, altrimenti non ci sarà un domani.
L’esecutivo che sta nascendo fra M5S e Pd è già contagiato dal virus. La giornata ieri a Cernobbio era consacrata ai mali del Paese, quelli veri, nessuno dei quali prevede soluzioni istantanee. Non ne ha la «burocrazia difensiva» dei funzionari, che ormai spesso evitano di decidere alcunché per non rischiare di risponderne alla Corte dei conti. Non hanno cure magiche le grandi opere, il cui tempo medio di realizzazione è di quindici anni. Né si inverte in tre mesi una frequenza dell’abbandono scolastico, già alta, che di recente ha persino ripreso a salire.
Questi problemi mangeranno senz’altro il panettone. Il governo di turno, chissà. Di qui la spinta su Pd e M5S per intervenire su ciò che di più tecnicamente facile ci sia da fare e più tangibile per i cittadini esista: le aliquote fiscali, specie quelle sul lavoro dipendente. Lo ha chiesto ieri da Cernobbio il presidente di Confidustria Vincenzo Boccia. Lo vogliono i sindacati. Lo hanno promesso in modi diversi pressoché tutti i partiti. Lo hanno detto così spesso che ormai — mostra un sondaggio Ipsos pubblicato dal Corriere — quel taglio delle tasse lo reclama «come misura urgente» del governo il 71% degli italiani. Che poi il 52% di loro giudichi negativamente l’accordo fra Pd e M5S — mentre quasi due terzi degli imprenditori ieri a Cernobbio esprimevano in proposito aspettative basse o mediocri — non fa che alzare la pressione. Il secondo esecutivo di Giuseppe Conte deve far vedere che fa qualcosa, prima del panettone. E l’unica leva da muovere in tempi così stretti è proprio un taglio delle tasse sui redditi medio-bassi. Il tutto, in teoria, mantenendo l’impegno di non aumentare l’imposta sui consumi (Iva) e però di evitare rotture con Bruxelles. Ma si possono ottenere i tre risultati con la stessa legge di Bilancio?
La matematica suggerisce che è una triade impossibile. Se il governo vuole disinnescare l’aumento dell’Iva e tagliare le tasse sui lavoratori, non può farlo d’intesa con Bruxelles (perché il deficit sarebbe troppo alto). Se vuole tenere bloccata l’Iva e varare un bilancio accettabile per l’Ue o i mercati, allora deve rinviare qualunque taglio tangibile alle tasse sul lavoro. Se invece vuole dare una sforbiciata fiscale per i redditi medio-bassi ma arrivare a un deficit accettabile per Bruxelles — benché in aumento — allora deve permettere che l’Iva aumenti o varare una stretta comunque fortissima.
Che questa sia l’eredità lasciata dal «contratto» di Lega e M5S non consola Roberto Gualtieri. Il neo-ministro dell’Economia sa che i numeri e le regole non gli lasciano molto spazio. Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo, ha già osservato a Reuters che l’Italia «deve fare i conti con le restrizioni con cui tutti facciamo i conti». Senza gli aumenti dell’Iva previsti per 23 miliardi da gennaio, il deficit salirebbe da meno del 2% del prodotto lordo (Pil) del 2019 al 3% o più nel 2020. Servirebbero tagli di spesa e un aumento della pressione fiscale da almeno 15 miliardi — probabilmente di più — per creare lo spazio di una sforbiciata alle tasse da almeno sette miliardi, di cui i redditi medio-bassi in Italia avvertano un po’ gli effetti. A quel punto il deficit del 2020 viaggerebbe (in aumento) attorno al 2,5%, il massimo che Bruxelles può concedere o magari qualcosa di più. Ma una correzione di bilancio da 15 miliardi resta molto dura da applicare su un’economia oggi a crescita zero.
Il dilemma è reso poi più beffardo da un ulteriore paradosso: se solo l’Italia uscisse dalla malattia del breve termine e aspettasse un anno, dal 2021 il calo degli interessi sul debito e i frutti della lotta all’evasione aprirebbero davvero spazi per rispettare a un tempo i tre i impegni: niente rotture con Bruxelles, niente aumenti dell’Iva e taglio delle tasse sul lavoro. Ma il panettone del 2021, visto da qua, è come volteggiasse in una galassia lontana.